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Cari juventini, ieri sera ho capito che insultarvi è un dovere

Cari amici Napolisti, ieri sera ero al San Paolo a vedere la finale di Coppa Italia Primavera, e mi era venuto in mente di scrivere queste righe già mentre me ne andavo dallo stadio, sconvolto dal comportamento del portiere della Juve sul primo gol (di cui, credo, in tv non si sia stato detto né mostrato nulla); poi, stamattina, ho visto il video dell’espulsione di Gerbaudo, i cui gesti dalla Nisida era impossibile vedere, e mi sono convinto ancor di più della bontà della mia idea.
Piccola ma importante premessa: frequento stadi da quasi vent’anni, non sono dunque una ‘verginella’, e detesto il moralismo buonista di chi non conosce fatti reali e situazioni concrete. Ieri sera al San Paolo l’atmosfera era, per usare un sintagma dei più triti e ritriti, di festa, come sinceramente mai mi era capitato di vedere, se non alla Partita del Cuore a cui assistono le scuole medie il mercoledì mattina: accanto ai malati storici, famiglie intere, bambini, e macchie di colori vari che altro non erano se non intere scuole-calcio giovanili, i cui baby-giocatori erano venuti allo stadio con le tute delle proprie squadre.
Naturalmente ci sono stati, e più di una volta, i soliti cori rivolti ai bianconeri junior, seppure stemperati dalla ovvia mancanza della tensione che caratterizza i Napoli-Juve senior: quelli sull’alienazione da ritorno in fabbrica e sulle pratiche amatorie fra tifosi e famiglia Agnelli, quelli sull’essere gli juventini parti puzzolenti di escrementi umani, eccetera eccetera. Sinceramente tutto nella norma, nella fisiologia, soprattutto se consideriamo che nella finale d’andata i “tifosi” della Juve avevano messo in bella mostra tutto il loro campionario di razzismo assortito anti-napoletano; ma tutto nella norma e nella fisiologia da stadio in assoluto. Si scandalizzeranno forse i benpensanti de noantri, gli intellettualoidi da sempre avversi all’oppio dei popoli, i tifosi del rugby e del curling, ma lo stadio è il luogo in cui si dicono cose che non si direbbero mai altrove, è il luogo in cui si sbraita e si vomita di tutto addosso all’avversario, ma senza che a nessuno dotato di comprendonio (ovvero di una fedina penale pulita) venga mai in mente di alzare anche solo il dito mignolo contro chicchessia. Per dire, io l’ultimo Napoli-Juve di campionato l’ho visto con accanto uno juventino ammacchiato, al quale non mi sono neppure sognato di fare nulla di più che sfotterlo per tutta la partita.
Quindi, ciò premesso, non trovo scandaloso che dei ragazzi della Primavera vengano a giocarsi una coppa al San Paolo, si trovino contro quella cornice di pubblico, ed esultino come dei pazzi quando la buttano dentro; lo trovo, anzi, naturale, e dal loro punto di vista anche bello e doveroso.
Quel che è scandaloso è che dei ragazzi della Primavera rivolgano gestacci al pubblico, come il simpatico e mite Gerbaudo, o provochino apertamente la Curva B, come l’ignoto ed anonimo portiere bianconero, che al primo gol si è girato verso la curva e per tre volte (tre, non una!) ha esultato platealmente e si è battuto la mano sullo stemma della Juve, con un’aggressività e una voglia di provocare che nemmeno i Pagliuca e i Seba Rossi dei tempi d’oro, né mai Buffon, al quale pure in 90 minuti vien sempre detto di tutto e di più su moglie e madre.
Ora, caro Gerbaudo e caro portiere (non mi prendo neppure la briga di andare a cercare il tuo nome su Google): ma chi vi conosce? Il 99% dei presenti ieri sera conosceva a stento la metà dei nomi dei giocatori del Napoli! Di certo l’elegante e pacata Juve ha trovato i degni eredi (calcistici non so, morali certamente) dei vari e cari Chiellini, Marchisio & company. Qualcosa di cui, se fossi juventino, andrei senza dubbio alcuno fiero assai.
Ma a questo punto, cari amici Napolisti, vi starete chiedendo quale sia il senso di queste mie righe. Eccolo qua.
Fra liceo, università e dottorato di ricerca frequento oramai da più di dieci anni le letterature classiche e medievali. I cui autori avevano sempre in testa, nel momento in cui prendevano in mano la penna, questa regoletta aurea, la regola della “convenientia” del contenuto e dello stile: ad un certo contenuto, ad un certo argomento, doveva corrispondere sempre una certa forma, un certo stile. Alla grossa, cioè: contenuto basso, stile e parole basse; contenuto alto, stile e parole alte. Per dirne una: ad una donna-pietra, aspra, dura e crudele, Dante dedica una canzone in cui si propone apertamente di parlare “aspro”, una canzone che si rivela piano piano come una grandiosa fantasia sadomaso con cui punire mentalmente la crudeltà reale della cattivona.
Dunque, e ora mi rivolgo agli juventini, scrivo queste righe perché sappiate questo: stamattina, dopo aver assistito alle modalità con cui lo stile-Juve si esprime a tutti i livelli e a tutte le età, mi sono svegliato con l’assoluta certezza che, miei “cari” bianconeri, insultarvi (sempre senza mettere in mezzo eruzioni vulcaniche o l’igiene personale, ça va sans dire) sia nient’altro che un dovere. Un dovere morale e, da stamattina, almeno per me, un dovere poetico.
Da stamattina in avanti, saprò con certezza assoluta che cantarvi che fate sesso orale con la famiglia padrona non solo rende felice me, che così posso esprimere tutto il disgusto e l’odio (sì, odio: un sentimento umanissimo, che se non esisteste voi non conoscerei neppure lontanamente – ciò significa, quindi, che della vostra esistenza in realtà vi sono grato) che provo nei vostri riguardi; ma rende anche felici Omero, Virgilio e Dante Alighieri. Cosa vuoi di più dalla vita e da un martedì sera con ingresso gratuito al San Paolo?
Andrea Manzi

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