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Uno juventino a Testaccio mi vede con Tuttosport in mano e mi scambia per un “collega”.

Scambio di persona. Testaccio, ore nove e trenta. Il quartiere più romanista di Roma. C’è il sole e l’edicola in piazza Santa Maria Liberatrice ha i giornali esposti. Il Corriere dello Sport titola, come al solito, su Zeman e De Rossi (quindicesimo titolo consecutivo), Tuttosport grida: “Non sbagliate l’arbitro”. Occhiellone: “Sabato Juve-Napoli: serve un super fischietto”. Poi, ennesima intervista a Cesari (ci diede due rigori contro nella Prima Repubblica del calcio): “Voto Orsato dico no a Tagliavento e Rizzoli”. Cedo: “Mi dia Tuttosport”. Prendo il giornale e attraverso la strada. Di fronte alla chiesa c’è un signore sulla sessantina. Smilzo. Occhiali, barba bianca e mani nelle tasche del giubbotto. Guarda Tuttosport. Un segnale di riconoscimento come tra massoni: “Ahò, questi stanno già a piagnè, non hanno capito che devono portare il pallone e se ne devono annà”. “Questi”, sono i napoletani. Tento di chiarire la mia posizione. Lui continua: “Dobbiamo combattere contro romanisti e napoletani, stanno sempre a piagnè. Questi se perdono se lamentano per una settimana, nun ce vonno stà”. Finalmente parlo: “Mi dispiace per lei, ma sono tifoso del Napoli. Ho comprato Tuttosport per studiare l’attesa del nemico, la sua vigilia”. Silenzio. Poi inizia a gridare: “Mazzarri è un piagnone, un piagnone, un piagnone”. Reagisco: “Però prima di Conte volevate lui”. “E chi lo voleva? Io no, non lo sopporto. Come quell’altro. Sempre a piagnè”. Quell’altro è De Laurentiis: “Altro che deferimento, vi dovevano squalificare per un anno a livello internazionale”. Pechino per loro è solo la nostra assenza alla premiazione. Ribatto: “Mazzoleni è recidivo, ha visto la partita con il Siena?”. Lui continua per la sua strada: “A Pechino i vostri tre difensori dovevano essere espulsi. Aronica è tassativamente il più falloso del mondo”. Sto per dirgli, su Aronica, che ha ragione, ma lui è il nemico. Non si cede al dialogo razionale. “In compenso sono stati espulsi Zuniga e Pandev e il rigore non c’era”. “Embè, se uno dice le parolacce deve essere cacciato”. E’ un monologo irrefrenabile. Mi sembra di parlare con un berlusconiano senza se e senza ma che ancora oggi non ammette dubbi sul suo Capo. Come Paniz, avvocato e deputato, nonché presidente dello Juventus Club di Montecitorio. L’altra sera l’ho sentito in una trasmissione juventina su un’emittente romana. Ha detto: “A Pechino la Juve ha vinto sul campo”. Gli ho mandato un sms in diretta: “Il ridicolo si addice sempre a Paniz. Dire che la Juve ha vinto sul campo è come sostenere che Ruby sia la nipote di Mubarak”. Non ho avuto risposta, ovviamente. Torno al signore di Testaccio, lo saluto, tentando di provocare la sua scaramanzia: “Arrivederci, non si preoccupi avete già vinto la partita e lo scudetto”. Lui rimane serio. “E dopo chi vi sente? State sempre a piagnè”. Non c’è nulla da fare. Vado via. Verso casa, apro Tuttosport. Mi concentro su un trafiletto: “Se faccio gol io non esulto”. Parola di Quagliarella. Sempre se gioca. Fabrizio D’Esposito

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