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Allo Juve Stadium gli insulti sono in inglese

Che bella cornice di pubblico, allo Juventus Stadium. Il nuovo stadio è una bomboniera che esalta le qualità del popolo bianconero: troppo grande e dispersivo il Delle Alpi, con quella pista d’atletica superflua e 69mila posti a sedere  (quando li riempi?, dai, troppi). Il modernista Stadium, invece, che ha un terzo in meno di  capienza, va benissimo.

Ma non bastava,  gli juventini sono stretti nei confini della nazione, questa piccola Italia troppo angusta per contenere la loro magnificenza, e così hanno inaugurato una nuova usanza. Gli striscioni in inglese. Che poi è un’intuizione degna di cotanto genio: con i meccanismi virali della rete e una comunità di supporter che copre l’intero globo terracqueo, avete idea di quante persone in tutto il mondo possono apprezzare ora le qualità intellettuali del popolo bianconero?

L’innovazione massmediologica si è vista ad aprile, in occasione del primo Juve-Napoli nel nuovo impianto. “Vesuvio wash it”, un distico insuperabile. Letteralmente “Vesuvio lavalo”, anche se presumo che l’estensore volesse dire “Vesuvio lavali”, mutuando l’esortazione dal coro di pari tenore poetico, “Vesuvio lavali col fuoco”. Quindi sarebbe andato meglio “Vesuvio wash them”. Ma va bene lo stesso: il significato ha più valore del significante.

Oggi, invece, leggiamo un mirabile “Napoli is not Italy”. Giusto, vale la pena informare l’ecumene calcistico su stereotipi e pregiudizi, pardon, sul pensiero politico nostrano. Non so, poniamo il caso dei tifosi del Nordsjælland, il club danese che incontrerà la Juve nel girone di Champions: che ne possono sapere, loro, di queste cose? Grazie alle qualità multitasking del festoso popolo bianconero, invece, possono farsene un’idea.

Non l’italiano, e neanche più il francese caro ai Savoia, bensì l’inglese: questa, sì, è la lingua ideale del popolo di fede bianconera. Così sapranno farsi davvero conoscere in tutto il mondo.
Roberto Procaccini

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