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Tosel, la toga voluta da Guido Rossi per ripulire la giustizia sportiva (con risultati discutibili)

Ha comminato squalifiche e ammende a giocatori e società. È stato al centro di scelte discusse e mai digerite dalla piazza partenopea. Si è fatto la fama di nemico della città di Napoli (ma c’è da dire che non è gradito a nessuna tifoseria) e ha meritato raccolte firme e petizioni contro. Se si cerca il suo nome su Google, difficilmente lo si trova accostato ad aggettivi quali “imparziale” o “equanime”. E’ il giudice sportivo della Figc, Giampaolo Tosel, capelli bianchi tenuti con gusto militare e piglio da professore terribile del Ginnasio. Ma da dove salta fuori, che percorso professionale ha fatto quello che è diventato l’incubo di supporter e tesserati azzurri?

Tosel nasce a Udine il 26 ottobre del 1940 e nella sua città ottiene la licenza classica. Dopo la maturità si trasferisce a Ferrara per studiare, al confine tra Emilia-Romagna e Veneto, Giurisprudenza.

Divenuto dottore in Legge, la carriera del giovane Tosel decolla. Giampaolo vince nel 1965 il concorso per entrare in magistratura, tornando nella natia Udine con la carica di sostituto procuratore. Vent’anni dopo, nel 1985, si trasferisce a Venezia dove svolge la funzione di sostituto procuratore generale fino al 1989, quando ripercorre al contrario la strada che separa il capoluogo veneto da quello friulano. Nell’anno passato alla storia per la caduta del Muro di Berlino, un Tosel ormai maturo fa un bel balzo in carriera: viene messo a capo della Procura della Repubblica di Udine. Può sembrare poca roba essere al vertice della macchina inquirente dello Stato in una città “freddina” come quella friulana, ma al nostro Giampaolo non manca il da fare: gli tocca, ad esempio, seguire una tranche delle indagini sul mostro di Udine (13 vittime tra il 1979 e il 1989 – il caso è rimasto insoluto).

A proposito di date simboliche, nel 2000 Tosel, arrivato al rispettabile traguardo di 60 anni d’età e 35 di servizio con un passaggio anche in Cassazione, è posto in quiescenza. Il nostro, che non ha voglia di giornate al parco a lanciare molliche ai piccioni, si prodiga nel trovare nuovi impegni: dal 2001 al 2003 è difensore civico regionale del Friuli Venezia Giulia, quindi assume la responsabilità di componente del Comitato etico dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Udine per la sperimentazione sui farmaci, poi quella di membro della Commissione deontologica dell’Ordine dei medici di Udine. Infine dal 2008 è nominato garante dell’università del capoluogo friulano.

Ma gli eventi che danno la svolta alla seconda giovinezza di Tosel, sottraendolo alla passerella degli incarichi di prestigio per rilanciarlo nell’azione pura, arrivano nel 2006. Innanzitutto c’è la decisione del Consiglio Superiore della Magistratura, avallata dall’Associazione Nazionale Magistrati, di proibire che pubblici ministeri in attività assumano incarichi nella giustizia sportiva (e Giampaolo è già in pensione).

In seconda battuta, scoppia Calciopoli: tra le conseguenze dell’infuocato Moggi-gate c’è anche la rimozione dal suo incarico di Maurizio Laudi, pm torinese che dal 1995 faceva le veci di giudice sportivo per la Figc.

Bene, la somma dei due fattori comporta che alla Federazione serva un giudice sportivo da pescare tra magistrati non in servizio. Al posto di Laudi, il commissario straordinario Guido Rossi indica proprio Giampiero Tosel, disposizione recepita nel 2007.

I tempi di Calciopoli sono tempi bui: l’opinione pubblica vuole non solo giustizia, ma anche un repulisti di tutti quelli che avevano permesso la vergogna mondiale di un campionato falsato. E’ dunque Tosel un volto nuovo per il calcio italico? Nient’affatto, tant’è che la Gazzetta dello Sport al suo proposito scrive: “Nella giustizia del calcio ha ricoperto quasi tutti i ruoli, in quasi 20 anni: componente dell’Ufficio Indagini, nell’organico della Procura federale e poi il gran salto come giudicante: alla Commissione Disciplinare che ha sede a Milano”. Per il Corriere della Sera, Giuseppe Toti commenta: “[Tosel al posto di Laudi] sa di rimpasto, più che di nuovo e di clamoroso – com’ era stato per Francesco Saverio Borrelli all’ Ufficio indagini della Federcalcio e per il professor Cesare Ruperto alla Caf”. Difatti, ricorda Toti, Tosel faceva già parte del pool di inquirenti del pallone che nella stagione ’89-‘90 si era occupato della monetina di Alemao, era tra quelli che nel 2004 avevano ribaltato la sentenza di primo grado sulla combine di Chievo-Modena ed era tra i giudicanti che nel 2005 avevano decretato la retrocessione d’ufficio in C1 del Genoa.

Comincia la stagione 2007-2008. Qui passiamo dalla storia all’attualità e torniamo a noi napoletani. Divenuto Giudice sportivo a tutti gli effetti, Tosel impiega poco a conquistare la notorietà sulle sponde del Vesuvio. Nel settembre dello stesso anno Giampaolo dispone che Napoli-Genoa si disputi a porte chiuse perché, in occasione del precedente match casalingo degli azzurri, un vasetto di yogurt aveva colpito un guardalinee. Nella stessa stagione squalifica due volte Zalayeta (la prima revocata, la seconda efficace) trovando per lui la nuova fattispecie di reato di comportamento antisportivo teso a simulare fallo da rigore senza avvertire l’arbitro dell’inganno. L’anno dopo impone che il Napoli giochi tre partite con accesso interdetto al pubblico delle curve dopo i disordini che avevano accompagnato la trasferta di Roma. Per arrivare a questa sentenza utilizza un metodo che fa dell’approssimazione la sua caratteristica principale: essendo responsabili dei tumulti – presumibilmente – gli appartenenti ai gruppi organizzati, e risiedendo questi nelle due curve, valeva la pena colpire tutti quelli che avrebbero assistito alla partita dai settori popolari.

L’elenco dei conti aperti tra Napoli e il Tosel è ancora lungo: va dalla squalifica di tre giornate inflitta a Lavezzi dopo il presunto sputo a Rosi e passa da una multa alla società perché Gargano e Cavani si presentano a bordo campo accompagnati dai figli. Un lungo elenco, si diceva, che con gli strascichi di Pechino arriva fino ai nostri giorni.

Roberto Procaccini

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