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Venticinque anni per (provare a) dire addio alla nostalgia

E insomma, oggi è il 10 maggio, il 10 maggio venticinque anni dopo. Era una domenica, ovviamente. Allora non c’erano anticipi e posticipi. La domenica prima, sotto una pioggia torrenziale e grazie a un provvidenziale stop di braccio di Andrea Carnevale sotto la nostra curva, pareggiamo a Como mentre l’Inter naufragava ad Ascoli. Sono passati venticinque anni. La nostalgia c’è sempre, tanta, ma mi forzo: deve passare. Sì, me lo ricordo, mi ricordo tutto di quel campionato. La vittoria più bella (e qui nessuno ha dubbi), il gol più emozionante, il momento più nero.
Ma ora davvero penso che venticinque anni siano tanti. L’anno scorso, proprio a Bologna, ho vissuto il momento più bello dell’era De Laurentiis. Con quello stadio azzurro e l’illusione di poter tornare lassù. È stata l’emozione più forte, più forte persino della Champions.
Li voglio celebrare i 25 anni, ma non come qualcuno che pensa che quei tempi non torneranno più. Qualche filmato andrò a rivederlo. Ma domenica c’è il Siena. E poi mi voglio rivedere anche i gol di Cavani. Chissà come avrebbe giocato in quel Napoli, che sarebbe stato? Il Carnevale dell’89? Non lo so, sono pensieri in libertà, mentre sui quotidiani va in scena solo il tormentone su Lavezzi. Mi piacerebbe passare avanti. Sentire che c’è davvero un progetto. Proprio come quel Napoli. Che fu costruito in in tre anni. Tre. Da un certo Italo Allodi e il giovane Pier Paolo Marino. Prima Lui e Bagni. Poi Giordano, Renica, Garella, Pecci. Quindi De Napoli. E infine Ciccio Romano. Ecco, in fondo quello resta l’acquisto cui sono più legato. Anche se l’amore che ho provato per Bagni e Giordano non ha eguali. Lo sapevo, ci sono ricascato.
Massimiliano Gallo

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