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Quando Palummella, in stile western, sfidò il Te Diegum all’Ok Mergellina

L’ alluvionale dibattito scatenato dal pezzo di Maurelli sul Napolista mi riporta indietro negli anni, al 15 aprile 1991. Avevamo ideato la nostra lucida follia, il Te Diegum, e il Mattino mi chiese un articolo per presentare l’iniziativa. Io spiegai la nostra specificità di tifosi, quasi tutti lavoratori intellettuali, ma non pensatori con la puzza al naso.  Malati di Curva A che però mettevano il piatto a tavola lavorando con la testa e non con il calcio, che avevano deciso di celebrare in pubblico il loro outing maradoniano. Nell’evidenziare, con il mio pezzo, le differenze tra noi ed i tifosi organizzati, o, per tornare all’attualità napolista, con quelli alè alè oho oho, scrissi che quei tifosi restituivano una immagine di Napoli oleografica e pacchiana.

Non l’avessi mai fatto, altro che la lapidazione di Maurelli, scatenai la violenta reazione dell’intera tifoseria organizzata, Palummella in testa.

Ci fecero capire che non l’avremmo passata liscia e che si sarebbero fatti sentire e vedere al Castel dell’Ovo nel giorno del Convegno, allora compresi che bisognava mediare e fissammo un appuntamento per parlare con lui. Il buon prof. Vittorio Dini, intellettuale vero e la persona meno aristocratica ed autoreferenziale che io abbia mai conosciuto, si immolò per affrontare l’ira degli ultras. L’appuntamento venne fissato, naturalmente al crepuscolo come da copione western, presso uno chalet di Mergellina. Quando arrivammo ci aspettavano già due rappresentanti della Curva B, dopo qualche minuto, in rapida successione squillò due volte il loro cellulare, era Palummella in persona che faceva sapere dalla sua auto di essere a settecento metri, poi a trecento dal luogo dell’appuntamento… i veri leader si fanno sempre annunciare. I suoi toni furono subito aggressivi: “ma vuie quante ne site?”, Dini rispose timidamente: “una quindicina”, noi quattromila” tuonò Palummella, come un novello Stalin che chiede informazioni sulle truppe del Vaticano. Nuie pigliamme ‘e mazzate” esclamò per rivendicare i tanti sacrifici che facevano in nome di una vera passione azzurra, non annacquata, pantofolaia ed intellettualoide, come invece secondo loro, vivevamo la nostra. Si parlavano lingue troppo diverse per capirsi e trovare una intesa, ma avvertivamo tutti una inconfessabile complicità, come quella di due amanti, innamorati della stessa donna, che si guardano in cagnesco conoscendo però alla perfezione i punti deboli l’uno dell’altro. Ci salutammo, ma nell’accomiatarsi Palummella lanciò il suo anatema, il capo branco marchiava il territorio: “domenica in Curva B sarà esposto un enorme striscione Tifosi sì, intellettuali no!”

Essere messi alla gogna in casa propria, nello stadio delle nostre passioni più intense, un paradosso incredibile che solo l’amore smisurato per Diego poteva farci sopportare.

Devo dare atto a Palummella che quello striscione non lo ha mai esposto. Aveva capito perfettamente, mentre ascoltava distrattamante il prof. Dini firmando autografi davanti a quello chalet, che in fondo questi intellettuali erano abbastanza innocui e, tutto sommato, brave persone.

L’ultimo goal a Napoli Maradona lo ha segnato proprio a Castel dell’Ovo l’11 maggio del 1991. Alla fine di quella indimenticabile giornata, che meglio non poteva riuscire per le emozioni che seppe sprigionare. Mentre scorrevano sul video le immagini con le tante malatie di Diego, in un clima di forte e vera commozione, mi sentii chiamare dal fondo della sala: Palummella si faceva largo tra la gente, mi venne incontro e mi abbracciò piangendo. Era stato lì otto ore, in silenzio con i suoi luogotenenti, ad ascoltare il racconto della nostra follia, che non sentiva più così lontana dalla sua. Niente di nuovo sotto al sole, quindi, se la provocazione di Maurelli ha suscitato il coro rizelato di tante zite contegnose, alcune in verità un po’ retoriche ed arroganti.

Quando si riesce finalmente a parlare di calcio in maniera originale, diversa e dissacrante. Quando, senza essere legittimati cronisti sportivi né tifosi di professione, ci si ritrova ad avere spazio mediatico, visibilità e credibilità. Quando si realizza, così per caso, un progetto capace di mettere insieme prime firme del giornalismo e le più diverse personalità, attratte solo da un grande amore per la maglia azzurra e dal piacere di consentirsi il lusso di un confronto pubblico, divertente e di qualità. Quando chi non vive di pallone, ma trepida per il pallone, si regala la possibilità di uno spazio di libertà che non deve dare conto a nessuno, ma che forse comincia ad essere frequentato da troppi.

Insomma, quando si realizza questo piccolo miracolo evidentemente un prezzo bisogna pure pagare. Ma per favore non tirate fuori un’altra volta questa pippa della plebe e della borghesia, degli intellettuali e dei tifosi puri e duri. È troppo banale e prevedibile per non farmi dubitare della buona fede altrui.

Insomma, abbiamo già dato! Se c’è altro parliamone pure, ma senza sociologismi di risulta.

Altrimenti pensiamo solo che, tra qualche ora appena, possiamo finalmente affossare l’azzimato ed insopportabile Ranieri. Allenatore che venne a Napoli con la presunzione di imporci la illusione di dimenticare Maradona.

Claudio Botti

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