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Lucarelli, Chavez, Grava, Fernandez, Donadel, Fideleff: ma quante mascotte ha il Napoli?

Ma quanti uomini-spogliatoio, quanti leader della panchina, quante mascotte ha il Napoli? Di certo ce ne sono due in attacco: il padre spirituale Lucarelli e il miglior amico di Lavezzi, Chavez. Ma ce ne è anche uno in difesa: la bandiera Gianluca Grava. In attesa di capire cosa sia Donadel, Fernandez e il meno fortunato Fideleff ne stanno assumendo la fisionomia. Alcuni giocatori stanno tirando il fiato. Sono insostituibili da fine agosto, non conoscono turn over e adesso, stremati, non reggono più il ritmo. Prendiamo il caso Campagnaro: nessuno ne mette in dubbio le qualità tecniche e atletiche, ma è evidente che vive un periodo in cui ha bisogno di un po’ di sano e rigenerante riposo. Ma non è possibile. Perché? Perché per rimpiazzarlo Mazzarri avrebbe due possibilità: adattare el flaco Fernandez, che però ha già dimostrato di essere un promettente centrale, ma non un centrodestra da difesa a tre, oppure ricorrere a Grava. Peccato che lo stopper casertano non goda più della fiducia del tecnico, che non lo reputa adatto per calcare i campi di serie A. Per lui basta e avanza la passerella d’onore a Vila Real.

Certi errori in fase di programmazione della stagione si fanno in buona fede. Su Inler si è investito parecchio, ma purtroppo non rende quanto ci si aspettava. Fideleff è stato preso in fretta e furia per sostituire un infortunato, e poteva andare meglio. Altre scelte, però, ora meritano una spiegazione: la parabola di Grava è commovente, lui davvero può dire dalla C alla Champions, e il rinnovo del suo contratto dopo l’infortunio al ginocchio è uno dei pochi gesti di galanteria che De Laurentiis ci ha regalato in questi anni. Ma perché confermarlo in rosa se non lo si reputa utile alla causa? Allo stesso modo, perché ingolfare il parco giocatori di atleti che non hanno un ruolo, ma solo una funzione “emozionale”?

I risultati si vedono oggi, ancora più gravi, in fase di riflusso. La rosa è risicata, non ci sono alternative ad alcuni titolarissimi, l’austerità sul tetto ingaggio viene sbugiardata da almeno tre o quattro assunzioni del tutto irrilevanti.

E di chi è la responsabilità? Solo dell’asse Bigon-De Laurentiis? Possibile che Mazzarri non abbia alcuna voce in capitolo su queste scelte, possibile che subisca supinamente ogni imposizione aziendale?

Adesso non possiamo che prendere atto della situazione. Ma, tra tutti i nodi sul Napoli che questa mini-crisi sta portando al pettine, speriamo che la “questione mascotte” abbia il suo peso.
Roberto Procaccini

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