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Fuorigrotta emigra a Milano

Succede in media una volta ogni sei mesi, e quindi un po’ la giornata te la cambia. Il Napoli a San Siro. Per chi abita a Milano, è la prima cosa che guardi ad agosto, quando escono i calendari. Ti segni le due date, cerchi di non farci coincidere week end fuori porta o altri impegni, e se hai una cena, un compleanno o qualche serata non rimandabile, beh, allora ti resta solo da gufare contro anticipi, posticipi ecc. per avere il match alle 15. Stavolta è diverso, lo spostamento alla sera arriva provvidenziale perché il lavoro non ammette befane. Cavolo, sono solo due volte l’anno, bisogna esserci! Non che negli ultimi tempi siano stati trionfi e passerelle, tutt’altro. Anzi, è storicamente un campo impegnativo, la “Scala” del calcio. C’ero, alla prima apparizione dopo il fallimento e la risalita: era di questi giorni, primi di gennaio, contro il Milan di Kakà che avrebbe di lì a poco vinto la Champions (2007), ma che non riusciva a vincere in casa da mesi. Primo tempo da urlo, 2-2 con zampata del Pampa Sosa e rigore glaciale di Domizzi, ripresa da incubo, 5-2 finale con sigillo dell’esordiente Pato e un punteggio non proporzionato ai demeriti. C’ero, nell’ultima apparizione, lo scorso marzo, ancora coi rossoneri, quando l’armata di Leo (toh…) era pronta al sorpasso sui cugini dopo 5 anni a inseguire, e invece Campagnaro ne fermava la corsa scudetto.  Non c’ero, tanti anni fa, troppi, quando arrivarono le ultime vittorie: nel ’94 con l’Inter e nell’86 col Milan – vado a memoria -, insomma spesso sono più dolori che onori, le poche vittorie le conti sulle dita di una mano e ai tanti sberleffi degli amici e colleghi meneghini fai presto il callo. Ma tant’è, nel suo piccolo, è comunque un avvenimento per chi non ha il San Paolo a portata di mano. Si ripiega su un altro santo (non ce ne voglia…) e ci si sente un po’ più a casa. Fin dal mattino, certo: t’organizzi la giornata in funzione della gara; ad esempio: macchina o metro? Cena anticipata o panino improvvisato? Giacca da lavoro o maglione da stadio? Pantalone elegante o jeans sdrucito? Anche perché i tempi sono stretti, finendo il lavoro non prima delle sette devi precipitarti dall’altra parte della città in tempi rapidi, senza poter passare da casa.
Casa, infatti. La mia, certo, adesso è qui. Ma organizzarsi per andare allo stadio, a vedere gli azzurri, biglietto in tasca e speranza negli occhi, anche se è solo una partita di pallone, anche se lo sai che sono più spesso sofferenze che gioie, anche se lo sai che non è il San Paolo e sei in decisa minoranza, beh, comunque ti fa sentire mentalmente un pochino di più a casa. Almeno quelle due volte l’anno.
Vittorio Eboli

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