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Lo spogliatoio senza memoria

Lo so. Sono il solito rompiscatole e tiro l’acqua al mulino della mia età. Sono cresciuto al Vomero con Gramaglia, che arrivò al Napoli a 19 anni e se ne andò che ne aveva 37, e c’era quel matto di Bacchetti che si nascondeva in tribuna vanamente convocato dall’altoparlante perché doveva giocare la partita della domenica, e c’erano Casari che parava anche col sedere e Todeschini che faceva lo scultore, c’erano Amadei e Krieziu, che, quando finalmente segnò un gol, cedette una balaustra della tribuna come aveva predetto l’inimitabile ingegnere Carlo Di Nanni che le azzeccava tutte, e c’era Monzeglio che aveva paura dei gatti neri, era timido con le donne e alla velocista napoletana Marcella Jeandeau si limitava a mandare cioccolatini e fiori. Il Vomero era uno stadio familiare e una suggestiva fungaia di ombrelli nei giorni di pioggia. I calciatori vivevano in collina e si ritrovavano al Bar Daniele in via Scarlatti che non c’è più. Questo per dire quanto sono vecchio e i vecchi, si sa, sono rificagliusi.
Ecco il mio rificaglio. Leggo del cinematografico restyling dello spogliatoio del Napoli nel ventre del “San Paolo” firmato dallo scenografo del DeLa Tonino Zera. Leggo che, in un ambiente suggestivamente azzurro, ci sono sulle pareti le gigantografie (due metri per cinquanta) dei giocatori di oggi e che Emilson Sanchez Cribari di Cambara in Brasile si prepara nello stesso posto che era di Diego Armando Maradona, e qui mi si accappona la pelle. Dicono che è tutto bello e non ne dubito. Dev’essere bella la gigantografia di Marek con la cresta, di Gargano con la smorfia della fatica, di Pazienza col viso del puntuale ragioniere del pallone, di Lavezzi, ah il Pocho!, che forse si succhia un dito, di Cavani con la folgore del gol, di Campagnaro con i denti azzurri, di Gianluca Grava con la faccia sorpresa di Alice nel paese delle meraviglie. Sono i ragazzi cui vogliamo bene.
Tutto qui. Il presente gioioso e basta, e la gigantografia di Mazzarri indica l’orologio (ha un appuntamento?). A che cosa serve che i giocatori e il tecnico con la sua bella onda di capelli si rimirino nelle loro gigantografie? Non sanno già chi sono e come sono? E, poi, oggi ci sono, domani chissà. Che faremo allora? Il turn-over delle gigantografie? Io al posto del DeLa ci avrei messo una serie di gigantografie del passato, insostituibili ed eterne, a ricordare la storia del Napoli come guida, ammonimento e incoraggiamento ai ragazzi di oggi. Gigantografie da Sallustro a Maradona perché i guaglioni attuali sappiano in quale straordinaria storia sono stati attratti, e se ne inorgogliscano. Quelli che li hanno preceduti potrebbero insegnargli tanto in prodezze e attaccamento alla maglia azzurra, e così quelli di oggi potrebbero sentirsi più forti per esserne gli emuli e gli eredi. Scaldarsi i muscoli e prepararsi guardando e pensando di poter essere Altafini, Careca, Bagni, Sivori, Vinicio, Zoff, Bruscolotti, Juliano, Clerici, Canè, Bugatti, Vinyei. Non mi sembra una idea così sballata. Sarebbe una magnifica suggestione. Dite che i giocatori d’oggi, dediti alla playstation e alle cuffiette musicali, non li guarderebbero neppure? Accidenti, a me verrebbero i brividi, andrei in campo con un sacro furore, mi sentirei parte di una storia bellissima e capirei meglio che cosa significa giocare nel Napoli.
Taci, vecchio nostalgico. Questo vorreste dirmi? E io ci aggiungo dell’altro. Perché in questo spogliatoio sono passati personaggi magnifici oltre ai giocatori. Ci metterei la gigantografia di Gaetano Masturzo, il gentiluomo dello spogliatoio azzurro col vassoio dei caffè per i giornalisti e dei caffè “corretti” per i giocatori. Ci metterei la gigantografia di Michelangelo Beato e delle sue mani d’acciaio che hanno massaggiato i muscoli azzurri di mezzo secolo e regalavano caramelle di menta ai cronisti dopo gli allenamenti. Ci metterei la gigantografia di Salvatore Carmando, il vero unto dal Signore perché era Maradona a baciarlo in fronte prima d’ogni partita.
Ma che cosa posso ricavare da un club nato dalle ceneri di un fallimento chiudendo presuntuosamente col passato sino a trascurare il compleanno degli 80 anni del Napoli che sarebbe stata una data da festeggiare nel 2006? Ebbene, mi voglio rovinare. Nello spogliatoio cinematografico dello scenografo Tonino Zera ci metterei anche una gigantografia di Ferlaino, il presidente dei due scudetti, e di Lauro ai bordi del campo col fazzoletto in testa e i polpacci al sole. Esagero? Non lo so. Allo scenografo Tonino Zera do zera a dispetto e al DeLa un doppio zera.
<strong>Mimmo Carratelli</strong>

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