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Ho deciso, mi tessero
poi ho un amico alle Poste

Sarò tardivo, e forse non solo come tesserato. Ma devo capire, prima di decidere. “Conoscere per agire”, dicono ai corsi formazione. Ma dopo un’illuminante chiacchierata con il napolista Gianluca Agata (spero non segua fattura per la consulenza) ho deciso che mi tessererò. Per due ragioni: la prima è che detesto le questioni di principio, quelle che facco accoltellare i condomini e che causano omicidi per litigi nel traffico. Le mie reazioni, da qualche anno a questa parte, rispettivamente sono: “Vuoi mettere o togliere la fioriera? Ma fa’ chell ca vuo’ tu” – “Passa primme tu e pienza ‘a salute”. La tessera del tifoso serve per contribuire ad evitare disastri negli stadi? E chi se ne frega se mi controllano, mi schedano, conoscono tutti i miei movimenti? Non ero presente a quel comizio in cui l’attuale premier chiese alle centinaia di migliaia di persone presenti (poche decine secondo la prefettura): “Volete voi essere intercettati?” – “Nooooooo!”. Non mi sarei accodato al coro dei no. Mi sono sempre chiesto cosa gliene frega all’impiegato bancario, all’operaio, all’insegnante, insomma al comune mortale di essere intercettato. Questione di principio, è la risposta automatica. La solita, maledetta questione di principio. Ma perché, è possibile oggi scomparire e non essere controllati? Diciamo che è complicato. Tra bancomat, telefono cellulare e telepass, siamo tutti costantemente dei potenziali monitorati. Aggiungeteci facebook, dove in tanti segnaliamo anche le soste alle toilette degli autogrill e ditemi voi cosa cambia con ‘sta tessera del tifoso. Perciò mi tessererò. Dimenticavo la seconda ragione che mi ha convinto a tesserarmi. Ho un’amicizia fondamentale, preziosissima, strategica. Un cugino che lavora alle Poste. Mi dispiace per la collega napolista Ilaria Puglia (eh eh!) ma non farò la fila. Il cugino mi porterà la tessera direttamente a casa.
Giuseppe Pedersoli

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