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Maestro Diego si sta crescendo l’allievo Messi

(da L’Osservatore Romano)
Tra i tanti allenatori che siedono sulle panchine del mondiale ce n’è uno che non sta mai seduto. Imbrigliato in un improbabile vestito elegante, cravatta grigia su camicia bianca. Sempre in piedi, sempre nel vivo dell’azione, e non vede l’ora che il pallone finisca sul suo sinistro, un attimo, solo un momento per accarezzarlo ancora e consegnarlo nelle mani del giocatore di turno.
Maradona non ha mai smesso di essere in mezzo al campo. Non ha la postura dell’allenatore e quando tenta di assumerla lo fa goffamente. Anche in sala stampa non è diplomatico come dovrebbe essere il responsabile del gruppo, e fa emergere invece il suo carisma pungente del leader in mezzo al campo. Ma c’è un momento dove è ancora più evidente il suo essere calciatore in mezzo a calciatori. È in occasione dei gol o nel finale di partita. È in costante ricerca di un abbraccio, di qualcuno con cui condividere la gioia del momento. Il gol, la vittoria finale sono vibrazioni che in mezzo al campo si possono vivere solo con il contatto fisico con i tuoi.
Un giorno un mio compagno mi chiese perché fare tutte quelle corse dopo il gol, perché farsi sessanta metri di campo per andare ad abbracciare un compagno. È l’istinto che accende il motore, e lo si vede negli occhi di Maradona che dopo i gol si gira e cerca qualcuno, non importa chi, qualcuno da abbracciare come se fosse in mezzo al campo.
È già capitato che il primo abbraccio sia con Diego Milito, quello che dovrebbe avere il muso lungo. Milito non è tipo da contestare le scelte del mister, ma l’abbraccio tra di loro è figlio dell’istinto di calciatore che dimentica velocemente gli screzi nel momento della gioia.
Il fine partita, però, sfocia nell’abbraccio più vero. Non quello regalato a ognuno dei suoi in campo, non quello ai «giganti» della difesa, non quello al protagonista della giornata, Higuain, autore di tre gol. L’abbraccio più vero è anche quello più agevole per Maradona, quello con Leo Messi. Stessa altezza e la giacca elegante non è più un problema. Può permettersi addirittura l’uscita dal campo con il braccio sulle spalle.
L’allievo sta superando il maestro, sta incantando il pubblico con il disincanto del gioco, si diverte con la palla al piede come faceva il suo allenatore, i tifosi vorrebbero che la palla finisse al più presto tra i piedi di Leo perché da lì nasce lo spettacolo. Gli manca ancora il gol ma non importa, la cosa importante è che tocchi la palla, continuamente.
Maradona ci lascia un erede, nonno Diego ha trovato un allievo in gamba. Leo sta completando, inoltre, quel tassello che a Maradona è sempre mancato. Fuori dal campo è un antidivo, è composto e timido, è ancora giovane ma è sulla strada buona, quella del profilo basso. Le sue reazioni in campo non sono mai scomposte, prende le botte ma sembra averle già catalogate sotto la voce «effetti collaterali». Non  un  battibecco, non un insulto.
Finora Leo Messi si è distinto anche per questo e forse proprio per questo supererà il maestro, o meglio, lo completerà.

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