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«Il mio Chelsea noioso? Noioso è non vincere per dieci anni». Il ritorno di Mourinho magno

«Il mio Chelsea noioso? Noioso è non vincere per dieci anni». Il ritorno di Mourinho magno

Mourinho lo ha ripetuto per tutta la passata stagione “La corsa al titolo è tra due cavalli ed un puledro, che necessita del latte ed ha bisogno d’imparare a saltare. Magari la prossima stagione, possiamo correre”. Aveva appena battuto all’Etihad il Manchester City e agganciato la squadra di Pellegrini al secondo posto. Molti osservatori ritennero che quelle di Mourinho fossero provocazioni, mind games. In realtà il Chelsea, nonostante l’arrivo in semifinale di Champions League, restava una squadra incompleta e mentalmente non pronta. Una dimostrazione si ebbe il 29 marzo 2014 sul campo del Crystal Palace, i Blues furono sconfitti per 1 a 0, dando praticamente l’addio al titolo. Nel post-partita quando chiesero a Mourinho cosa mancasse al Chelsea, il tecnico portoghese lo scrisse su un pezzo di carta: balls.

La scorsa stagione è servita dunque al tecnico per preparare il terreno, studiare i limiti del Chelsea e porvi rimedio. Lo ha confermato lui stesso in una lunga intervista a Gary Neville, apparsa sul Telegraph: “Non siamo stati capaci di reggere la pressione. Come squadra avevamo alcuni limiti tattici e tecnici, lo sapevamo. La mia impressione è che i ragazzi non fossero pronti per quella che definisco una leadership aggressiva” .

Il Chelsea aveva bisogno di innesti mirati per colmare queste insufficienze. Un portiere da affiancare a Cech: lo scorso anno i londinesi hanno disputato le ultime partite con Mark Schwarzer, 42enne portiere australiano, ecco dunque il ritorno dal prestito di Thibaut Courtois; un terzino sinistro, il brasiliano Felipe Luis, come vice-Azpilicueta, ma sopratutto un regista di centrocampo che consentisse al Chelsea di manovrare e gestire il pallone, chi meglio di Cesc Fabregras?

Infine un attaccante, nella scorsa stagione il miglior marcatore dei Blues fu Eden Hazard con 17 reti in tutte le competizioni. Una squadra che vuole competere per il titolo non può fare affidamento unicamente sui centrocampisti. Serviva un attaccante capace di motivare e caricarsi la squadra sulle spalle, Mourinho individuò in Diego Costa il profilo adatto, pare scontrandosi con la dirigenza orientata su Cavani.

La squadra di Mourinho ha agevolmente vinto il campionato per assenza di avversari, incapaci di fronteggiare l’onda d’urto del Chelsea. Questo ha costretto il tecnico portoghese a ricercare altrove gli stimoli per esercitare le sue dark arts. Alcuni osservatori l’hanno paragonato a Sir Alex Ferguson. Come il tecnico scozzese, usa i media per i suoi scopi ma non si lascia utilizzare, fu Mourinho a decidere quando e come regolare i conti con Sky. Creare un clima di assedio attorno alla squadra: l’ABU (Anyone but United) è diventato ABC (Anyone but Chelsea), chi non è tifoso del Chelsea vuole vederlo fallire. Infine la pressione sugli arbitri, l’ex tecnico del Manchester utilizzava il Fergie’s Time, Mourinho si avvicina al quarto uomo per sussurrare qualcosa e mettere pressione oppure denunciare, nel caso di torti arbitrali, la perdita di credibilità di un campionato rispettato e seguito in tutto il mondo da milioni di persone.

Elementi di questo tipo sono stati spesso utilizzati da Mourinho artatamente. In particolare nel momento in cui il Chelsea era in crisi di gioco. Possiamo infatti dividere la stagione in due fasi. Una primo periodo, da agosto fino all’inizio del nuovo anno, in cui la squadra ha mostrato un gran bel calcio, propositivo e divertente, per certi versi lontano dall’idea di gioco di Mourinho. Un secondo momento in cui i Blues sono diventati più pragmatici, lontani dagli standard di inizio stagione e attenti unicamente al risultato. Un cinismo che ha consentito di vincere le partite quasi sempre con un gol di scarto.
Il Daily Mail qualche settimana fa ha pubblicato un grafico individuando nella clamorosa sconfitta di FA Cup contro il Bradford (terza divisione inglese) il turning point della stagione del Chelsea.

È da quel momento che il Chelsea spumeggiante (c’è chi si è spinto a parlare di calcio totale) ha subito una trasmutazione in “Boring boring Chelsea”. E’ un refrain che accompagna da sempre le squadre di Mourinho. Gary Neville ha sostenuto è che un assoluto non-sense dire che il Chelsea è una squadra noiosa. “La gente ritiene divertente il Newcastle di Keegan del 1996, ma nessuno si ricorda di loro. Le persone non dimenticano i vincitori.” Carragher ritiene che la vittoria per Mourinho sia tutto: campionato, coppe o partite di beneficenza, il suo obiettivo è sempre lo stesso. Il resto non lo disturba, nello stesso modo in cui non si preoccupa Benitez: «Ricordo che una volta mi raccontò – scrive Carragher – di una conversazione avuta con un giornalista spagnolo sulla differenza percepita tra “grande calcio” e “calcio vincente”. Rafa era perplesso, così ha chiesto al giornalista: “Chi ha segnato gol della vittoria della Spagna nel Campionato Europeo 1964” “Marcelino” rispose. Così Rafa poi chiese: “E come ha giocato la Spagna in questa partita?” Silenzio».

Certo Mourinho non ha la fantasia di Guardiola, ma è terribilmente efficace. Da quando è tornato in Inghilterra non ha ancora perso uno scontro diretto: Pellegrini (2 vittorie, 2 pareggi), Wenger (2 vittorie, 2 pareggi) Rodgers (3 vittorie e 1 pareggio), Moyes (1 vittoria, 1 pareggio) o Van Gaal (1 vittoria, 1 pareggio). È tutta una questione di criteri con cui si stabilisce cosa è bello e cosa non lo è. Lo schema di Mourinho è semplice, quando sfida i diretti concorrenti e si trova in testa alla classifica, gioca per non perdere mai le sfide che valgono sei punti. Questi risultati consentono al tecnico portoghese di rispedire al mittente le critiche sul suo calcio noioso. Ai giornalisti che gli chiedevano dei cori dei tifosi dell’Arsenal, Mourinho ha risposto «Credo sia “noioso” non vincere un titolo per 10 anni. La squadra noiosa è la seconda con più gol in Premier, la migliore per differenza reti. Solo il City ha segnato più gol di noi.»

È di tutta evidenza che il tecnico del Chelsea non è un esteta del pallone. Dal suo punto di vista si può vincere giocando bene o perchè si è forti, nel corso della sua carriera ha sempre privilegiato questo secondo aspetto. ”La gente parla di stile e di eleganza, ma che cos’è? Qualche volta m’interrogo sul futuro del calcio e forse il futuro sarà un bel manto di erba senza gol, dove la squadra con più possesso palla vince la partita. In molti ritengono noioso il modo in cui la Spagna ha vinto la Coppa del Mondo ed il secondo campionato europeo. La mia analisi è semplice: il calcio è mettere la palla nella rete del nostro avversario e fermarlo. Noioso è spesso nell’occhio di chi guarda.”

Vede il bello nella vittoria, i meriti artistici nel successo sono irrilevanti. La gioia e la bellezza sono nella semplicità dell’essere campione d’Inghilterra. Un successo costruito principalmente partendo dalla fase difensiva, il Chelsea ha la retroguardia meno battuta della Premier con due sole sconfitte. C’è chi però ritiene, come Wenger, che difendere sia semplice: “Se dobbiamo difendere, ci difendiamo”. La risposta di Mourinho non si è fatta attendere: “Non è affatto facile, se lo fosse l’Arsenal non avrebbe perso 3 a 1 contro il Monaco in Champions League”.

Proprio la Champions, per il Chelsea, è l’unica macchia in una stagione straordinaria. Nella scorsa edizione, la squadra arrivò fino alle semifinali battuta solo dall’Atletico di Simeone, quest’anno con una rosa più forte la corsa si è fermata, incredibilmente, agli ottavi di finale sconfitti da un eroico PSG in dieci uomini.

Una delle ragioni, forse la principale, è nello scarso turn over praticato dal portoghese. In un articolo apparso su FourFourTwo “Rotazione, rotazione, rotazione: perché Mourinho potrebbe aver causato il fallimento in Champions League”, Declan Warrington considera Mourinho un grande condottiero e un abile tattico, ma appare chiaro che l’eliminazione sia frutto di pochi cambi, errore esiziale nel gioco moderno con squadre con tante partite e in lotta su più fronti. Giocatori come Felipe Luis, Remy, Schürrle e Salah sono stati utilizzati poco nel corso della prima parte della stagione.

L’aver sottovalutato le fragilità fisiche di Diego Costa, per stessa ammissione del tecnico l’attaccante non può giocare più di una partita a settimana, ha comportato difficoltà notevoli (l’ultima partita di Diego Costa è del 22 Marzo) sia in termini di leadership in campo che di gol segnati. Il problema più grande però è venuto dal rendimento Fabregas. Il centrocampista catalano è stato per lunghi tratti della stagione il centro nevralgico del gioco del Chelsea, in Premier è stato autore di 18 assist, a sole due lunghezze dal record di Henry. Le prestazioni di Fabregas, secondo i dati Opta, subiscono una forte involuzione nella seconda parte della stagione ed è in questa fase che il Chelsea è calato. L’ex centrocampista dell’Arsenal aveva smarrito il suo cappello magico.

Complessivamente Mourinho può essere soddisfatto dei suoi ragazzi, in termini di disciplina, etica e voglia di vincere. La squadra ha saputo gestire bene i momenti positivi e quelli negativi. Mourinho non fa mistero di ricorrere a mezzi puramente psicologici, quest’anno però non ha avuto bisogno di ricorrere alla “confrontational leadership”, ovvero pungere i suoi giocatori, provocarli e tirare fuori il meglio da loro. Non è certamente il tipo da bloccare un calciatore contro il muro. Ma se provoca lo fa per il bene della squadra, come successo con Ibrahimovic all’Inter o con Hazard. La scorsa stagione il talento belga criticò duramente il gioco del portoghese: “Il Chelsea non è fatto per giocare a calcio, ma solo per correre. Quindi gioca solo in contropiede”. Mourinho mal digerì l’attacco del centrocampista e lo accusò di scarso sacrificio per la squadra. Il risultato di questo confronto è arrivato dal campo: Hazard è diventato un giocatore più completo, al totale servizio della squadra e votato come giocatore dell’anno in Premier.

Il ritorno al Chelsea è stata una scommessa che Mourinho per ora ha vinto. «Nel mio paese dicono non tornare nel posto dove eri felice.» È stato il primo tecnico del calcio inglese a ripartire da dove aveva trionfato e vincere di nuovo. Dice di voler restare al Chelsea, costruire una dinastia anche se non si aspetta di avere la longevità manageriale di Ferguson o di Wenger. «È impossibile nel calcio moderno, credo che Wenger sarà l’ultimo». I tifosi del Chelsea lo adorano, la stampa lo cerca e lo provoca continuamente. El Pais, nel celebrarlo come Mourinho magno, ha sottolineato la divisione dell’opinione pubblica inglese tra dibattiti per le elezioni e la vittoria del Chelsea. Al centro c’era sopratutto Mourinho un personaggio che suscita più interesse di David Cameron e del suo rivale Ed Milliband. L’ex tecnico del Real Madrid ha la stessa capacità di Cameron, Rajoy o Putin nel selezionare i dati con astuzia, ignorando quelli che non sostengono le sue argomentazioni. Mourinho è pronto per la politica, un leader nato che ha imparato a memoria Il Principe di Machiavelli.

A coloro che non lo ritengono meritevole della vittoria del titolo, il tecnico ha risposto:Nel mio paese dicono: i cani abbaiano e la carovana passa”.

Semplicemente Mourinho.
Alfonso Noël Angrisani

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