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Guariniello: «Nel calcio c’è omertà sul doping, dai giocatori più omissioni che ammissioni»

Il giudice rilascia un’intervista all’Avvenire: «Maradona ha detto molto meno di quello che sapeva. solo Zidane si è sbottonato».

Guariniello: «Nel calcio c’è omertà sul doping, dai giocatori più omissioni che ammissioni»

L’intervista a L’Avvenire

Parla Raffaele Guariniello. Parla all’Avvenire, in occasione dell’uscita del suo libro (“La giustizia non è un sogno”), ma in pratica parla di tutto. Confessa di essere juventino, eppure ricorda il processo contro la Juventus, il primo processo per doping intentato in Italia contro una squadra di calcio: «Nonostante nella mia lunga carriera abbia fatto decine di processi importanti, dall’antimafia alle morti bianche della ThyssenKrupp e dell’Eternit, ovunque vado c’è sempre qualcuno che tira fuori l’argomento, e di colpo divento esclusivamente il “giudice del processo Juventus”. Mi capita ancora oggi, una cosa pazzesca. Il pallone manda in tilt la nostra società: ad un convegno di scienziati a cui ho partecipato, una domanda su quel procedimento trasformò l’atmosfera, il clima si fece pesante».

Zeman e le sue parole aprirono uno squarcio, ad ascoltare il giudice: «Non è che sapesse più di tanto, ma il suo allarme ci aprì un fronte fino ad allora ignoto, quello dell’abuso dei farmaci nel calcio. La Figc non aveva dati né voglia di collaborare, perciò seguendo i miei metodi, che sono sempre andati oltre la denuncia, ci basammo sull’unica fonte disponibile: l’album delle figurine Panini. In quel modo arrivammo a decine di morti sospette, facemmo centinaia di interrogatori. Maradona venne da me in procura a Torino, sapeva di più di quello che ci ha detto. Ma tutti i calciatori furono una delusione, le omissioni sono state molte di più delle ammissioni. Del resto, nel mondo del calcio l’omertà è una regola non scritta» .

Il processo

Guariniello un po’ di racconto del processo, delle testimonianza: «Deschamps dava lezioni di posologia ai nostri periti, Montero si arabbiò. Zidane si sbottonò, ammise che senza quella quantità spropositata di creatina e altri farmaci [Epo, ndr] che gli somministravano i medici della Juventus non “avrebbe mai potuto giocare sessanta partite l’anno”. La dichiarazione del francese, sommata a quella di qualche suo collega e alle nostre accurate indagini, permise di condannare in primo grado gli imputati (poi assolti in appello). Ronaldo dell’Inter lo convocammo di ritorno dal Mondiale di Francia ’98 dopo aver visto la scena in cui non riusciva neppure a scendere dalla scaletta dell’aereo. Il mio prezioso collaboratore, il dottor Gianmartino Benzi, mi segnalò il fatto dicendomi: “Potrebbe essere colpa degli antidolorifici che gli hanno dato”. A domanda Ronaldo rispose: “Qualcosa mi hanno dato, ma non so cosa”».

La legge sul doping: «È il frutto dell’intuizione geniale del nostro ispettore Raimondo Romanazzi, il quale ci fece scoprire che gli anabolizzanti o altre sostanze dopanti non erano rintracciabili nelle urine dei calciatori per il semplice motivo che nel laboratorio dell’Acqua Acetosa non venivano cercate».

Oggi: «Dopo un’azione così forte come quella che abbiamo esercitato a Torino sono due i possibili scenari: o nel calcio non si fa più uso e abuso di farmaci e sostanze, oppure stanno continuando ma con metodologie più raffinate e quindi diaboliche».

Dopo la fine dell’inchiesta

Una domanda a Guariniello su Borgonovo apre una finestra su quello che è rimasto dopo l’inchiesta, insieme alla legge di Romanazzi: «Borgonovo lo feci sentire dai miei collaboratori e ci diede l’impressione che si autocensurasse sulle reali responsabilità del calcio rispetto alla sua malattia. Ma questo è un atteggiamento diffuso tra i calciatori. Il calciatore rifiuta l’idea che la sua malattia dipenda da ciò che può aver assunto in carriera, perché nella sua testa significherebbe ammettere: “Ho avuto successo grazie ai trattamenti farmaceutici”. La Juventus? La verità del processo è scritta nelle 48 pagine della sentenza della Cassazione del 29 marzo 2007 che accolse la prescrizione. Ma grazie a quella sentenza siamo riusciti a introdurre il reato di “frode sportiva” e il monito che abbiamo lanciato al calcio è stato: “Aiutarsi con dei farmaci per ottenere un risultato non è da atleti leali”».

Cosa fare di più per eliminare qualsiasi sospetto, secondo Guariniello: «Si potrebbe costituire un pool su scala nazionale composto da magistrati e medici che con mandato della Procura della Repubblica indaghi dalle fabbriche ai campi sportivi e abbia la possibilità di portare a processo i casi sospetti e le anomalie che si verificano in qualsiasi ambiente di lavoro. E il calcio professionistico, qualcuno a volte lo dimentica, è un ambiente di lavoro nel quale la giustizia sportiva come è strutturata ora non è efficace. Meglio affidarsi a quel pool che agisca con indagini e azioni penali».

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