ilNapolista

Spalletti: «A Roma vincere è un imperativo, non può esistere una crescita graduale»

Grande intervista del tecnico giallorosso all’Equipe: «Se si continua così, con certi comportamenti a Roma continueremo a non realizzare mai niente».

L’intervista all’Equipe

Un’intervista lunga, piena, significativa. Spalletti parla di Roma ambiente, di Roma club, in una lunga chiacchierata con L’Equipe. E racconta tante cose importanti per identificare e definire il calcio italiano. Vi riportiamo qualche stralcio. Che vuol dire, soprattutto, totale condivisione delle sue parole.

La prima Roma di Spalletti

All’epoca abbiamo lavorato in maniera corretta, tentavamo tutti assieme di trarre il massimo da quel lavoro. Totti centravanti? Una scelta felice! Ma, vede, non siamo tanto noi allenatori ad inventare le cose. Sono i giocatori che ti orientano con i loro comportamenti e con le loro caratteristiche verso soluzioni che poi noi possiamo mettere in pratica. A volte funzionano a volte no. In quel caso funzionò piuttosto bene. L’idea generale si basava sulla ricerca di un tipo di gioco che oggi è molto più sviluppato e praticato, ma che allora non aveva ancora molti adepti. Mi riferisco allo stile del Guardiola del Barcellona che ha preso il nome di tiki-taka ma che poi, fondamentalmente, si basa sul possesso palla e sul controllo del gioco. E’ quello che noi ceravamo di fare, nel nostro piccolo. Grazie ai suoi movimenti, Totti era bravissimo ad accorciare la profondità della squadra, consentendoci di fare superiorità in mezzo al campo.

L’avventura in Russia

Era un’esperienza totalmente nuova per me che non avevo mai lavorato all’estero. Inoltre, i dirigenti russi quando mi hanno cercato hanno fatto di tutto per farmi sentire molto importante, al centro del loro progetto. In particolare Aleksej Miller (il numero 1 di Gazprom e dello Zenit), un dirigente che fa sempre le cose con molto entusiasmo e sentimento e che mi ha messo nelle condizioni migliori per poter lavorare. All’inizio abbiamo fatto due campionati bellissimi e li abbiamo vinti. La squadra giocava veloce e bene con uno stile molto simile a quello della mia Roma, segnava tanti gol.  Poi, col passare del tempo, ho dovuto mettere le mani su alcune situazioni complicate, gestire giocatori dal carattere forte ed esuberante. Senza contare che i calciatori russi cominciarono ad essere gelosi degli stipendi degli stranieri, più alti dei loro.

La mancata vittoria di uno scudetto a Roma

All’inizio di questo decennio nella Premier League russa la concorrenza per la vittoria del titolo era meno forte. In serie A i candidati alla vittoria dello scudetto sono sempre più numerosi. Oltre tutto non dobbiamo dimenticare che ai tempi della mia prima esperienza a Roma avevamo a che fare con la più forte Inter degli ultimi decenni, anche se nella primavera del 2008 siamo stati davvero ad un passo dal vincere il titolo.

La piazza di Roma

Il fatto che Roma sia il centro della politica italiana influisce su tutto il resto. Qui va tutto ad una velocità superiore, tutto è amplificato, moltiplicato. Tutto questo influenza anche il modo di vivere il calcio nella città. Un luogo dove la partecipazione del pubblico, il coinvolgimento dei tifosi è assoluto. A Roma ognuno vuole avere l’ultima parola, trovare l’argomento che fa la differenza.

Un fenomeno accentuato dalle radio che parlano di Roma h24?

i per se non sono un problema. Anzi, contribuiscono ad aumentare l’interesse per il calcio, fanno partecipare la gente, offrono le chiavi dialettiche per farlo. Questa passione non impedisce di lavorare bene a Roma, le assicuro che i calciatori ci vengono volentieri. Il rapporto con i media in generale? Di me ciascuno può scrivere quello che gli pare, non è un problema.a prima volta che andai via da Roma praticamente fui costretto a farlo. Qualcuno cominciò a scrivere che Spalletti non aveva vinto nulla, un po’ di gente gli è andata dietro, sono stato messo nelle condizioni di andarmene. Solo che dopo di me certe situazioni sono successe anche ad altri e sono andati via allenatori che ora guidano squadre di primo piano. Questo significherà qualcosa. Sono tornato a Roma dopo quasi sette anni e ho ritrovato le stesse situazioni, gli stessi meccanismi. Allora dico: se si continua così, se si ripetono sempre questi comportamenti, in questa città continueremo a non realizzare mai niente. Sono tornato per questo: per non lasciare la Roma in balia di certe persone che pensano di fare il bello e il cattivo tempo

Una descrizione dei tifosi e dell’ambiente

I tifosi della Roma sono i supporter della squadra della capitale d’Italia. Sono caldi, passionali, sono consapevoli di cosa rappresenta la loro città e questo li spinge ad avere ambizioni elevate. A Roma non si gioca per partecipare, c’è la necessità di vincere. Per tutta una serie di motivi è davvero un imperativo, vincere. Ormai da questo non si esce più fuori. Non c’è la possibilità di immaginare una crescita graduale, tutto è rapido, accelerato. Quindi è molto semplice: se non vincerò qualcosa significa che non avrò fatto meglio dei miei predecessori e quindi andrò a casa Le ripeto: a Roma le condizioni di lavoro sono eccellenti. Esistono solo delle situazioni e dei personaggi che agiscono da ostacolo.

Chi, allora, potrebbe guidare la Roma?

Sicuramente per allenare la Roma è necessario avere carattere e un po’ di esperienza. Detto questo, in giro ci sono diversi allenatori che potrebbero tranquillamente guidare una squadra come questa. Negli ultimi tempi in Italia sono emersi alcuni allenatori di grande qualità. Oggi il calcio italiano è nelle loro mani. Potrei citare Vincenzo Montella (Milan), Marco Giampaolo (Sampdoria), lo stesso Stefano Pioli (Inter). Uno dei più bravi, sebbene sia emerso tardi, è Maurizio Sarri (Napoli). E’ vero che nel calcio spesso le partite le risolve il campione, ma quando questo non è sufficiente loro sono tutti tecnici capaci di leggere perfettamente sul piano tattico le partite e mettere in difficoltà anche avversari più forti di loro.

 

Il suo ritorno al posto di Garcia

A un certo punto Garcia ha avuto delle difficoltà ed è stato travolto dalle circostanze e da quei meccanismi che le descrivevo prima. Non ho modificato il mio giudizio su di lui alla fine della sua avventura. Appena sono arrivato ho trovato più o meno la situazione che mi aspettavo. Quando ho cominciato a lavorare a Trigoria ho voluto verificato subito una cosa: che i giocatori avessero la disponibilità a rispettare i ruoli. Così tutto è andato a posto, anche perché la Roma ha giocatori di grande qualità. La Roma attuale occupa il campo in maniera un po’ differente rispetto alla mia prima esperienza. È più allungata, meno avvolgente. Ma questo fatto è determinato anche dalle diverse caratteristiche individuali dei calciatori.

Totti

Avere ancora a disposizione Totti, nonostante l’età, offre un vantaggio notevole: quando lui entra in campo si crea improvvisamente un’atmosfera, una partecipazione del pubblico incredibile. Grazie alle cose grandiose che ha fatto nel corso della sua carriera, a tutte le giocate uniche che ha mostrato ai tifosi, Totti possiede un magnetismo straordinario. Mi viene da sorridere quando, ancora oggi, qualcuno cerca di paragonarlo a qualche altro campione del passato. Totti somiglia solo a Totti! E’ unico, è l’assoluto! Detto questo, è importante che la passione e l’entusiasmo che lo circonda non tolga forza anche agli altri calciatori. Perché lui agisce all’interno di un collettivo. Ad un certo punto, siccome il rinnovo del contratto tardava ad arrivare, alcuni hanno cominciato a scrivere che ero io a volere che lui smettesse di giocare. Il che è completamente falso. Anzi, io penso che Totti debba giocare fino a quando lo vorrà e la società deve accontentarlo. Se non lo farà andrò via. Così nessuno potrà avere dubbi su come la penso.

ilnapolista © riproduzione riservata