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Sabatini: «Mi ero messo in testa di portare Bielsa alla Roma, poi però ho avuto paura»

A Cronache di spogliatoio: «Non accetta di allenare una squadra se vede che i giocatori non metabolizzano i suoi metodi e i suoi principi, anche di vita»

Sabatini: «Mi ero messo in testa di portare Bielsa alla Roma, poi però ho avuto paura»
AS Romaís sporting director Walter Sabatini follows the training session of the team from a terrace, on the eve of the UEFA Champions League football match AS Roma vs Manchester City on December 9, 2014 at the Trigoria training ground in the outskirts of Rome. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE (Photo by FILIPPO MONTEFORTE / AFP)

Walter Sabatini durante “Taconazo” un format de “Le cronache di spogliatoio” ha rivelato un clamoroso retroscena di quando era direttore sportivo alla Roma. Sabatini ha avuto l’occasione di portare a Roma Marcelo Bielsa, poi però, per sua stessa ammissione, la paura ha preso il sopravvento.

Il racconto di Sabatini:

«Ho avuto paura di portare Bielsa alla Roma. Ci siamo incontrati su una panchina, si è presentato con una piantina di Trigoria e conosceva già quasi tutti i giovani della Primavera».

Una presentazione in stile Bielsa:

«Mi ero messo in testa di portare Bielsa alla Roma, sarebbe stata un’ottima idea. Ci siamo incontrati a Madrid. Mi ha dato appuntamento a un numero civico perché volevamo evitare un posto pubblico. Si è fatto trovare seduto su una panchina proprio accanto al civico che mi aveva dato».

Sabatini continua:

«Mi sono seduto sulla panchina e lui immediatamente è partito. Non credo di aver mai visto una passione plastica come quella che ho visto in Marcelo. Conosceva quasi tutti i giocatori della Primavera. Aveva con sé la piantina di Trigoria per darmi indicazioni su come voleva disporre i muri dentro e anche su come pitturarli. Pretendeva, anche giustamente, che i muri degli spogliatoio fossero dipinti con i colori della Roma».

Perché allora questa magica storia non è diventata realtà?

«Aveva bisogno di tempo, di parecchio tempo perché non accetta di allenare una squadra se vede che i giocatori non metabolizzano i suoi metodi e i suoi principi, anche di vita. A Roma ero in mezzo a dieci fuochi incrociati e ammetto di aver avuto paura. Gliel’ho anche detto: “Marcelo, ho paura perché c’è bisogno di troppo tempo”».

L’amara conclusione:

«Sarebbe stata una scelta meravigliosa. Sono veramente rammaricato per non aver colto il momento giusto per prenderlo. Sarebbe stata una grandissima crescista anche per me».

 

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