Prost: «Quando ho smesso, Senna ha perso l’orientamento. Ero la sua fonte di motivazione»

A L'Equipe: "Quando correvo non mi ha mai chiamato, quando ho smesso almeno due volte a settimana. Sentivo che non stava bene"

Prost Senna

McLaren's Brazilian Ayrton Senna (L) and French Alain Prost are pictured in the stands after the clocked respectively the first and second best times 04 May 1989 in the time trials for the 47th Monaco Formula One Grand Prix. (Photo by PASCAL PAVANI / AFP)

«Probabilmente ero la sua fonte di motivazione». Alain Prost ricorda così gli ultimi mesi, le ultime chiacchierate, la “pace” della maturità, con Ayrton Senna. Risponde a 12 domande dei lettori de L’Equipe, parlando di un po’ di tutto. Ma quando arriva la domanda su Senna ecco l’emozione.

Prost, “che è un diavolo di comunicatore” scrive L’Equipe, risponde così: “Abbiamo comunicato così tanto con Ayrton il giorno dopo il mio ritiro. Sentivo che non stava bene. Mi chiamava spesso. A volte due volte a settimana. Non mi ha mai telefonato mentre correvo ancora. Senza di me aveva perso l’orientamento. Probabilmente ero la sua fonte di motivazione”.

L’Equipe sottolinea che “piuttosto che tornare alle battaglie, alle meschinità, alle polemiche, agli incidenti di corsa e al ruolo ingrato più spesso svolto da Alain Prost di fronte al mito vivente, era meglio conservare l’emozione degli ultimi mesi, dove i due uomini imparato a conoscersi, ad apprezzarsi. Una mancanza reciproca. E peccato se, nei libri, la leggenda a volte prevale sulla realtà. La verità non può competere con un dio vivente che se ne è andato troppo presto per unirsi ad Alberto Ascari, Jim Clark, François Cevert e altri Gilles Villeneuve”.

“Entrambi abbiamo vissuto una storia umana e psicologica incredibile. Bisogna restare sui bei ricordi”, ha concluso Prost.

Prost poi parla anche della Formula 1 di oggi: non è più lo stesso lavoro. Quando vedo tutti questi schermi e tutto ciò che viene chiesto ai piloti, non c’entra niente. Ai miei tempi il pilota controllava tutto e informava i suoi tecnici di quello che provava. Oggi è il contrario. Sono gli ingegneri, che si tratti di pneumatici, motore, telaio, aerodinamica, freni… che danno informazioni al pilota. Avevamo cinque persone intorno a noi, oggi ogni pilota ne ha trenta. È molto segmentato. È complicato avere una visione globale dell’auto. A priori, non vorrei vivere un’esperienza di guida del genere (scherza, ndr), eppure guadagnano di più e corrono meno rischi”

 

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