Negli Usa vanno a caccia dei simulatori, i “tuffi” sono considerati una dimostrazione di debolezza
Sulla Faz. Dall'Nba al football americano, il "flopping" è un fenomeno odioso che viola la morale. C'è cascato persino Lebron

Nel basket americano, nell’Nba, c’è un ufficio a New York in cui di tanto in tanto vengono esaminate al microscopio delle azioni di gioco. L’obiettivo di questa Var a posteriori è stanare i simulatori. Negli Stati Uniti si chiama “flopping“, è l’arte del sapersi tuffare per procurarsi un fallo. Quella che nel calcio è quasi una tradizione lì è vista come un’ignominia. Per una questione culturale, proprio. Viola due principi morali: è un tentativo di frode e allo stesso tempo una dimostrazione di debolezza fisica, autocommiserazione e auto-oltraggio. I veri vincitori non ne hanno bisogno, dicono.
E quando un giocatore viene multato per “flopping” è un’onta. E’ capitato ultimamente, dopo un incontro tra i Los Angeles Lakers e i Memphis Grizzlies nientemeno che LeBron James e Kyle Kuzma: 5.000 dollari di multa ciascuno. Dopo uno studio approfondito delle immagini in movimento, sono stati giudicati colpevoli di aver ingannato gli arbitri e di averli indotti a fischiare senza motivo.
La diversa percezione di questo fenomeno varia da sport a sport e da cultura a cultura. Ne scrive la Faz.
Nel basket un “flop” può avere un impatto significativamente minore sull’esito di una partita una partita finisce con punteggi che superano i 100. Non è come buttarsi in area per guadagnare un rigore, nel calcio. Ma è una cosa che viola lo spirito sportivo. E’ odiosa. In Nba per i recidivi le multe aumentano gradualmente da 5.000 dollari a 50.000 dopo ogni illecito. Chi viene beccato sei volte in una stagione verrà squalificato, e il suo stipendio decurtato.
“Il fatto che questa riserva culturale sia sopravvissuta così a lungo può sembrare sorprendente viste le condizioni del calcio internazionale, lo sport di squadra più popolare al mondo, in cui regna l’arte della recitazione e dell’abile esecuzione delle simulazioni”, scrive la Faz.
Il proprietario dei Dallas Mavericks ha addirittura finanziato un gruppo che si occupa di biomeccanica della Southern Methodist University in Texas. Ha fatto una ricerca sull’argomento sette anni fa, studiando le relazioni cinetiche che giocano un ruolo nel contatto fisico tra i giocatori. Si è scoperto che ci sono indicatori per addestrare gli arbitri in modo che possano accorgersi in tempo reale delle simulazioni antisportive.
Anche nel football americano è così. Dopo ogni fine settimana un comitato di tre persone cerca silenziosamente di rintracciare le violazioni del codice d’onore: gli ispettori guardano le registrazioni video di giocatori alla ricerca dei “flop”, soprattutto a livello universitario. Lì, quando vengono beccati, paga l’allenatore per primo, in quanto responsabile della sana educazione sportiva degli atleti.