Da rafaelita devoto, io invece temo il ritorno al “provincialismo agonistico”
Che Sarri vinca Scudetto, Europa League e Coppa Italia, ma da rafaelita devoto mi è difficile non sentirmi come un pargolo cui è stata strappata dalle mani una caramella già scartata. Il gioco, flemmatico sì, ma organizzato, coerente col credo del “sin prisa pero sin pausa”, che tante volte ha sopperito alle carenze qualitative di […]
Che Sarri vinca Scudetto, Europa League e Coppa Italia, ma da rafaelita devoto mi è difficile non sentirmi come un pargolo cui è stata strappata dalle mani una caramella già scartata.
Il gioco, flemmatico sì, ma organizzato, coerente col credo del “sin prisa pero sin pausa”, che tante volte ha sopperito alle carenze qualitative di un organico non all’altezza, ha rappresentato, che mal lo si veda, il vero salto di qualità apportato dalla gestione del tecnico madrileno, e ahinoi madridista, il volto, la quadratura e caratura internazionale tanto ricercata e della quale si necessitava per scrollarsi di dosso il “provincialismo agonistico” sì esaltante, ma in egual modo limitativo, di matrice mazzariana.
Oggi l’approccio del neo tecnico azzurro, accompagnato parallelamente da un’esplicita ma mai dichiarata, ridimensionata riorganizzazione societaria, pare, e ribadisco il pare, comportare un balzo a ritroso di due lustri: corsa, sudore e sigarette, con però il gravoso fardello di un organico la cui qualità, in alcuni suoi reparti, non lascia possibilità alcuna di tornare a sentirsi una “provinciale di lusso”.
Con probabilità vicine al 99% di calcio ne capisco niente e questo magari è tutto ciò d’indispensabile per poter vincere, di più dei precursori, quindi: che Sarri vinca Scudetto, Europa League e Coppa Italia.
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