Anche un 6-2 ha i suoi lati oscuri: l’errore di “seconda palla” sul gol di Halfredsson e l’importanza di aspettare Rafael

Poiché non siamo schizofrenici e i problemi li vediamo, sappiamo riconoscerli, sappiamo chiamarli con il loro nome, allora parliamone. Anche dopo un 6-2. Soprattutto dopo un 6-2, giacché se ne potrà discutere senza preparare legna per autodafé. Intanto, ci sono i gol subiti. Averne concessi due a una squadra che ha fatto possesso palla per […]

Poiché non siamo schizofrenici e i problemi li vediamo, sappiamo riconoscerli, sappiamo chiamarli con il loro nome, allora parliamone. Anche dopo un 6-2. Soprattutto dopo un 6-2, giacché se ne potrà discutere senza preparare legna per autodafé. Intanto, ci sono i gol subiti. Averne concessi due a una squadra che ha fatto possesso palla per scarsi 18 minuti, onestamente è un vulnus. Questa è la buccia, la prima cosa che si guarda. Ora però osserviamo la sostanza. Il primo, quello di Halfredsson, racconta che in questo periodo ci dice pure un poco male. Lui è bravissimo a coordinarsi, ad abbassare il colpo e far esplodere il tiro. Noi vi mettiamo del nostro. Non tanto nella respinta di Albiol, messo sotto accusa un po’ alla leggera: lo spagnolo salta, si allunga e allontana, di testa non poteva mandarla lontano. Quanto per la scarsa reattività con cui viene lasciata quella che oggi si chiama “seconda palla” (nel basket sarebbe un rimbalzo) all’islandese. Senza opposizione va al calcio e la infila nell’angolo, mentre Rafael scende troppo tardi per toccarla prima che la palla batta a terra e troppo presto per pararne il controbalzo. Era un passo avanti, ma questo non è un errore, su un tiro da quella distanza era giusto avanzare un poco per chiudere spazio. Il punto è semmai nella sua tenera tempra, in quel tuffo moscio, già rassegnato prima ancora che qualcosa accada. I confronti con Reina si sprecano. Ma spesso a sproposito. Anche a Reina sono capitati errori, e anche di clamorosi, ma eravamo propensi a perdonarglierli in virtù di un atteggiamento che pareva da leader. Non per fare psicologia da quattro denari, ma Pepe portava con sé un pannetto con cui asciugare il sudore, non si trattava di una coperta di Linus, era solo uno straccetto, usato una volta addirittura per innervosire l’avversario (Balotelli, prima del rigore). Rafael invece porta con sé fra i pali la sua storia tragica di orfano prematuro, non si separa dalle sue preghiere al cielo, una auto-insufficienza esibita, e per questo due volte da rispettare. Ma di lui, un anno fa, in certi frangenti della stagione, abbiamo pensato che fosse finanche più efficace di Reina. Poi si fece male e quel processo si fermò. Rafael ha solo perso qualche oncia di sicurezza e di fiducia in sé, la sta riconquistando nelle uscite alte e sui palloni vaganti (ieri un paio di prese sicure), dovrà riconquistarla nelle altre situazioni. Bruciarlo è follia. 

Il secondo gol subito non va analizzato per la maniera in cui è venuto. È stato un colpo di genio di Nico Lopez, quasi mai il Napoli palla a terra, uno contro uno, subisce situazioni come quella di ieri. Non è una patologia cronica. Va analizzato il quando. È preoccupante la tendenza a lasciarsi andare, a cedere di testa, una volta che ci si sente al sicuro. Sullo 0-0 a San Siro con l’Inter, quando la concentrazione era altissima, il Napoli dava la sensazione di reggere un urto nemmeno tanto maestoso. Due volte è uscito con i pensieri dalla partita, nei minuti successivi ai gol segnati, e due volte ha preso gol. Tutti i problemi del Napoli, secondo me, sono nella testa. I punti gettati contro squadre sulla carta più deboli, la paura che subentra quando il traguardo è a portata di mano e una specie di blocco da San Paolo. Il modulo, la condizione atletica, il turn over, sono a mio parere tutti facili ganci a cui attaccare le critiche al Napoli, ovviamente sempre dopo aver visto il risultato, sempre dopo aver visto come andava a finire. 

Non mi aspetto che il 6-2 abbia i risolto i problemi, anzi ho paura che gli alti e i bassi torneranno a manifestarsi nell’arco della stagione. Ma rendere solida la posizione di Benitez, blindarlo, vincolarlo al futuro del club, spingerebbe i giocatori a evitare distrazioni, ecco, diciamo cosí.
Il Ciuccio

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