Più brutti ma più grandi, è il nuovo Napoli di Benitez

Maddalena’s Cry, ha scritto Massimiliano Gallo sui social alla fine del primo tempo di Torino. Il Napoli era davvero il pianto della Maddalena. Zero tiri nello specchio della porta nei primi 45 minuti, come era già accaduto a Oporto. Poi un secondo tempo in cui c’è stato maggiore possesso palla, il più delle volte basso, […]

Maddalena’s Cry, ha scritto Massimiliano Gallo sui social alla fine del primo tempo di Torino. Il Napoli era davvero il pianto della Maddalena. Zero tiri nello specchio della porta nei primi 45 minuti, come era già accaduto a Oporto. Poi un secondo tempo in cui c’è stato maggiore possesso palla, il più delle volte basso, con i difensori, un’accelerazione finale e un gol trovato al 90′. Vittoria, tre punti e tanti a parlare di vergogna.

Che la parola vergogna arrivi dall’esterno, in fondo ci sta. E’ sorprendente che circoli tra i tifosi. Quelli che hanno criticato quando si prendevano troppi gol, inorriditi di fronte all’idea che vincere significa farne uno più degli avversari. Quelli che il Borussia l’abbiamo battuto perché eravamo in 11 contro 10, e poi a Dortmund si doveva giocare per lo 0-0 invece Benitez è andato con 4 attaccanti. Quelli che a San Siro con il Milan abbiamo vinto, sì, però abbiamo sofferto. Quelli che battiamo le piccole ma con le grandi non ce la giochiamo neppure, salvo poi scoprire che battiamo le grandi ma con le piccole sprechiamo punti. Noi, insomma. Esattamente noi, gli stessi di sempre. Incapaci di cogliere, adesso, che il Napoli sta assomigliando sempre di più a una tipica squadra di Benitez. Per molti mesi è rimasto in piedi sul suo conto l’equivoco di un allenatore offensivista, persino un teorico del tiki taka. Non è né l’uno né l’altro. Era solo un allenatore perfettamente consapevole di quali calciatori disponesse. Pochi mediani, tante ali o trequartisti o fantasisti, chiamateli come volete. E una difesa che non era il miglior reparto della squadra. Quando hai vinto quello che hai vinto, ti basta un attimo a capire come devi costruirla una squadra. Serviva un Napoli che facesse un gol in più degli altri, perché uno lo avrebbe sempre preso, se non due. È stata la traccia su cui ha cominciato a lavorare, senza mai negare – mai – che bisognava cercare l’echilibrio, che bisognava crescere in difesa. Voleva dirci: quando saremo cresciuti in difesa, avremo più vittorie per 1-0 e meno per 4-2. Ma nella città della botte piena e della moglie ubriaca, dopo i primi due 1-0 consecutivi (di cui uno alla Roma e l’altro in casa di una di quelle squadre che con i cinque difensori bla bla bla), ohibò, il “devi vincere” non basta più. Mo’ vogliamo il gioco. Ora era meglio prima. Prima si aspettava il dopo.

È da un mese che il Napoli è cambiato e che – per banalizzare – gioca peggio. Sarà una coincidenza, ma la metamorfosi (involuzione? Sicuri?) coincide con la crescita della difesa. Dall’8 febbraio, nelle ultime dieci partite, il Napoli ha subito solo 5 gol. Ha passato due turni di Coppa (Italia ed Europa), e in campionato ha conquistato 4 vittorie e 2 pareggi. Tutto ciò giocando ogni 3,7 giorni, con le conseguenze che si possono immaginare sulla freschezza atletica della squadra, ma soprattutto sulla capacità di preparare le partite, intendo dire mettersi lì in campo e provare e riprovare cosa si deve fare contro chi. Di queste 10 partite, nelle ultime sette il Napoli ha segnato solo una volta più di un gol. La mia interpretazione: trovata una accettabile tenuta difensiva, la squadra ha smesso di sbilanciarsi per creare 8-9-10 occasioni da gol.

È esattamente lo stile Benitez. “Negative tactics”, secondo una definizione di Mourinho, il quale a sua volta non è l’esempio di allenatore spumeggiante. Al Chelsea Rafa era accusato di praticare un calcio noioso. Al suo arrivo scrissero che dopo due partite Benitez aveva raggiunto un traguardo che pochi immaginavano di poter tagliare in così breve tempo: aveva tolto la gioia al Chelsea. Il Chelsea di Abramovich non aveva mai giocato due partite di fila senza segnare nemmeno un gol. Con Benitez le partite consecutive senza segnare a un certo punto furono tre. Eppure, scrissero in Inghilterra, con Hazard, Oscar e Mata i gol dovrebbero piovere (come se poi fosse tutto automatico, ma questo è un altro discorso). La parola usata contro Rafa: rigidità. Eppure veniva dopo Di Matteo, non proprio il re dello spettacolo applicato al calcio. Si sprecarono le analisi dei blog vicini a Benitez (sì, ce n’erano anche a Londra): confronti fra gol fatti prima di lui e con lui, tiri in porta prima di lui e con lui. Non era cambiato niente nei numeri, ma nell’atteggiamento in campo. Benitez rispose: “Ho parlato a lungo con Abramovich. Vuole vedere la squadra giocare bene, ma non chiede lo stile del Barcellona. Del resto, senza Messi, Xavi e Iniesta lo stile del Barcellona non puoi averlo. Dobbiamo attaccare e difendere insieme. Dobbiamo trovare l’equilibrio. Dobbiamo dare la palla ai nostri attaccanti perché creino occasioni, ma bisogna farlo da squadra organizzata”. Sembra Napoli, sembra oggi.

Nel 2007 c’era stata una famosa e infelice frase di Valdano, all’epoca dirigente del Real Madrid, che aveva fotografato così la semifinale di Champions tra il Liverpool di Benitez e il Chelsea di Mourinho: guardare quella partita era stato come guardate “the shit on a stick”, merda su un legnetto. Perfino a Liverpool, dove lo hanno amato e dove tuttora lo adorano, all’inizio rimasero spiazzati dal calcio poco appariscente di Benitez. Volete sapere la parola che usavano? Rigidity. Oggi però dovete andare a guardarvi This is Anfield, sito indipendente di informazione e analisi sulle cose dei Reds. Il Liverpoolista, diciamo. This is Anfield scrive che Brendan Rodgers, l’ex allenatore dello Swansea che sta riportando la squadra nell’altissima classifica, ricorda Benitez molto da vicino. Perché? No, non per i risultati. Bensì per il gioco. (Mi piace usare bensì). Anziché fare tanto possesso palla, il Liverpool se ne sta coperto e colpisce. “Guarded, but dangerous”. Prudente, ma pericoloso. Usano una bellissima formula. Scrivono che ci sono allenatori che vanno in campo per giocare alla roulette, altri per giocare a scacchi. Benitez gioca a scacchi (e noi che lo facevamo uno sconsiderato puntatore di casinò sul rosso o sul nero), Rodgers gioca a scacchi. Dicono che Rodgers ne deve fare di strada per raggiungere Benitez, ma anche in questo caso non parlano di risultati. Si riferiscono all’atteggiamento in campo, precisando che il Liverpool di Rafa quando andava in vantaggio, non si faceva raggiungere mai.

E’ questo l’abito dentro il quale il Napoli si sta infilando. Più 1-0 e meno 4-2. Più brutti, ma più grandi.
Il Ciuccio

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