Aurelio De Laurentiis e “Quelli con le funi”

Aurelio De Laurentiis è nato a Roma da famiglia di origine campana. Proprio nelle terre a cavallo tra Lazio e Campania viene collocata l’origine del termine “cafone”. Secondo accreditata etimologia, così venivano definiti i mandriani che scendevano a valle con grosse funi, pronti a imbragare il bestiame che avrebbero acquistato al mercato. “Quelli con la […]

Aurelio De Laurentiis è nato a Roma da famiglia di origine campana. Proprio nelle terre a cavallo tra Lazio e Campania viene collocata l’origine del termine “cafone”. Secondo accreditata etimologia, così venivano definiti i mandriani che scendevano a valle con grosse funi, pronti a imbragare il bestiame che avrebbero acquistato al mercato. “Quelli con la fune”, in dialetto “co’ ’a fune”, divennero con una parola sola: i cafoni. Secoli dopo, in senso lato, il termine qualifica persone dai modi rozzi e stile volgare. Immaginate certi tipi da cine-panettone, per intenderci. Qualche giorno fa, il presidente del Napoli, De Laurentiis, ha definito “cafoni” i giornalisti sportivi, perché interessati solamente ai soldi e agli ingaggi dei calciatori. «Nel cinema siamo dei gran signori perché non ci interessa parlare di quanto guadagnano nei film Brad Pitt e Angiolina Jolie». Neanche il tempo di affermarlo e, poche ore dopo, le agenzie sparavano fuori la graduatoria degli attori più pagati a Hollywood, stilata da quei cafoni di Forbes: primo Tom Cruise con 75 milioni di dollari, Brad e Angiolina fuori dai primi dieci. Ma non si tratta di essere signori o cafoni. Stadi e cinema hanno un botteghino, sono industrie: come si fa a non parlare di soldi? Infatti, quando conviene, lo fanno tutti. De Laurentiis, alla vigilia del match con il Chelsea, senza sentirsi cafone, parlò a lungo dei bilanci in regola del suo Napoli. Mazzarri, per legittimare il proprio rendimento, ricordò che guidava una squadra al settimo posto per monte-ingaggi. Il Napoli non andrà a Shanghai per visitare il Tempio del Buddha di Giada, ma per disputare un triangolare remunerativo a quattro giorni dalla Supercoppa di Pechino. Se De Laurentiis fosse solo un mecenate, regalerebbe agli orfani di Lavezzi le prime quattro amichevoli stagionali e invece le ha messe in vendita in pay per view. Tutto legittimo e logico, per carità, ma poi Non chiamiamo cafone chi fa domande sulla pecunia. Che non puzza mai. Se il cinema ,mondo di signori, avesse a che fare solo con l’arte, Christian De Sica in Vacanze di Natale a Cortina non regalerebbe perle quali: “La verginità è come una briciola di pane, prima o poi arriva l’uccello e se la porta via”. L’ultimo cine-panettone Filmauro ha registrato un crollo d’incassi di quasi il 50 per cento. Forse anche per questo la minaccia di De Laurentiis, tuonata un anno fa al varo dei calendari («Lascio il calcio, torno al cinema!»), è rimasta inevasa. Il calcio cafone frutta. Ricordate? Il presidente del Napoli lasciò la cerimonia urlando: «Siete delle merde! Mi vergogno di essere italiano!» e fuggì in motorino. Come “quelli con le funi” non avrebbero mai osato. (Sportweek)

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