L’omaggio muto a un giovane cuore che non batte più

Agghiacciante. Una scena agghiacciante allo stadio di Pescara. Si sta giocando la partita di serie B tra Pescara e Livorno in un pomeriggio nuvoloso. Un giovane calciatore corre e improvvisamente si piega su se stesso. Si inginocchia come se si raccogliesse in preghiera. S’accascia. Nella maglia amaranto numero 25, un corpo inanimato è disteso sul […]

Agghiacciante. Una scena agghiacciante allo stadio di Pescara. Si sta giocando la partita di serie B tra Pescara e Livorno in un pomeriggio nuvoloso. Un giovane calciatore corre e improvvisamente si piega su se stesso. Si inginocchia come se si raccogliesse in preghiera. S’accascia. Nella maglia amaranto numero 25, un corpo inanimato è disteso sul prato. La partita di Pierpaolo Morosini, ragazzone bergamasco di 26 anni, finisce così.Il suo cuore si è fermato. Accorre il medico del Pescara e il ragazzo sembra rianimarsi sotto l’azione del defibrillatore. Ma è un debole segno di vita. La tragedia si è compiuta. L’avvertono tutti, in campo e sugli spalti. Quando l’autoambulanza porta via il corpo del calciatore, i suoi compagni del Livorno piangono disperati. Il pubblico resta impietrito. Non passa molto tempo e dall’ospedale giunge la notizia che Piermario non ce l’ha fatta.

Il calcio si ferma, non solo a Pescara. La partita non ha più senso. Viene sospesa come non accadde una domenica di pioggia di 35 anni fa a Perugia quando Renato Curi si accasciò dopo uno scatto. Morì in ospedale. Arresto cardiaco.

Campionati sospesi. Lo choc è grande. Proprio a Pescara, alla fine di marzo, Franco Mancini, ex portiere e preparatore atletico della squadra abruzzese, è venuto a mancare per infarto. Aveva 44 anni.

Che cosa succede in un mondo dove i controlli medici scattano ogni due mesi e, ogni sei, i calciatori sono sottoposti a prove da sforzo? Colpisce un dato: la giovane età delle vittime. Renato Curi aveva 24 anni, Piermario 26. Aveva 25 anni Giuliano Taccola, giocatore della Roma, quando la sua vita finì sul campo di Cagliari. Aveva 23 anni lo spagnolo Antonio Puerta che si accasciò sul campo del Siviglia e morì  in ospedale. E aveva solo 19 anni l’inglese Barry Welsh quando fu colpito da infarto durante una partita, venticinque anni fa, forse il primo caso di queste fini fulminanti e inspiegabili sui campi di calcio.

Come può il cuore tradire uno sportivo, cioè un giovane che fa vita sana ed è perennemente controllato? Quanto può entrarci lo stress? Non si hanno risposte precise. Sono ragazzi giovani e sani, ma il cuore non fa sconti alla giovinezza. Colpisce a tradimento. Colpisce senza “avvertire”. Colpisce a qualunque età. Si dirà: è il destino. E’ la risposta più semplice, sbrigativa. Ventitré anni fa, sul campo di Bologna, si arrestò il cuore di Lionello Manfredonia, giocatore della Lazio. Aveva 33 anni. Fu salvato in ospedale. Dunque, ognuno ha la sua stella.

Non ha avuto una vita facile, Piermario Morosini. La morte dei genitori, la morte di un fratello, i problemi esistenziali della sorella quanto hanno “intaccato” il suo cuore? Quelli che l’hanno conosciuto parlano di un ragazzo con un velo di tristezza sul viso, però disponibile, altruista, a volte anche allegro. I lunghi capelli, i baffi appena accennati da un filo di peluria, alto, robusto, una barba nera e sottile quando gli andava di lasciarsela crescere. E’ cresciuto nelle giovanili dell’Atalanta, prima di girare per sei, sette squadre. Quanto i dispiaceri familiari hanno “scavato” nel suo cuore? Quanto li aveva superati? Ai controlli medici sfuggono i sentimenti. Nessuna macchina riesce a svelarli. Nessun controllo scopre che cosa c’è in un cuore fisicamente sano, che cosa nasconde, quale peso invisibile la vita vi lascia. Le macchine non hanno cuore, non possono “capire”. Quanto era veramente forte il cuore di Piermario Morosini?

Il calciatore del Livorno è morto in ospedale. Si parla di ritardi nei soccorsi. In campo s’è fatto tutto quello che si poteva fare. Ritorna la spiegazione semplice e sbrigativa: era destino. Un destino crudele per Piermario che già aveva resistito ai colpi duri della vita. Un ragazzo che correva sui campi di calcio, sulle ali della felicità d’essere importante per la sua squadra, per i compagni, per i tifosi, la sua nuova famiglia. Giocando, gli andava via il velo di tristezza sul viso. I capelli lunghi ondeggiavano nelle corse spensierate. L’ostacolo era l’avversario da saltare. Ma ce n’è stato uno invisibile sul campo di Pescara. Un avversario crudele che gli ha falciato il cuore.

Si fa sera e lo stadio abruzzese è vuoto. Se n’è andata una giovane vita. Sarà dura dimenticare la scena agghiacciante di Pierpaolo Morosini riverso sul prato con la sua maglia amaranto e la corsa spezzata. Tutti gli stadi del calcio oggi saranno vuoti. Un vuoto di tristezza infinita. Un vuoto di silenzio. L’omaggio muto a un giovane cuore che non batte più.

Mimmo Carratelli

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