Henry Kissinger l’uomo che ha aperto le porte del calcio negli Stati Uniti

L'analisi su El Mundo: "Fu l'ex segretario di Stato a portare i Mondiali in America nel 94. Da allora, gli Usa si sono qualificati a quasi tutti i Mondiali e ora ne ospitano un altro. Solo che ora c'è Trump"

Kissinger

ARCHIVE PHOTO: Henry KISSINGER turns 100 on May 27, 2023, 05SN_KISS0505PL.jpg Henry KISSINGER, USA, politician, former Secretary of State of the USA, at the FDP federal party conference in Cologne, May 5, 2005. ? (Photo by SVEN SIMON / SVEN SIMON / dpa Picture-Alliance via AFP)

Alla fine del Novecento il calcio trovò negli Stati Uniti un alleato inatteso: Henry Kissinger. L’ex segretario di Stato fu uno dei protagonisti dell’arrivo e del successo del Mondiale Usa 1994, evento che cambiò per sempre il rapporto del Paese con il pallone. Ne parla Alfredo Relano su El Mundo.

Kissinger portò i Mondiali negli Stati Uniti: i dettagli

Si legge su El Mundo:

“Alla fine del secolo scorso, il calcio aveva colonizzato quasi tutta la Terra, ma quel “quasi” che mancava non era affatto trascurabile: India, Cina e Stati Uniti. In quest’ultimo Paese ci fu un uomo chiamato Henry Kissinger, prima segretario alla Difesa e poi segretario di Stato, che dedicò il tempo libero lasciatogli dal compito di negoziare paci in Medio Oriente e favorire colpi di Stato in America Latina a predicare il calcio tra i suoi connazionali. Riuscì persino a ottenere l’organizzazione della Coppa del Mondo del 1994 per gli Stati Uniti, remando controcorrente rispetto agli scettici, in patria e all’estero.”

“Alla fine degli anni Settanta fu tra i promotori della North American Soccer League (Nasl), quel tentativo un po’ artificiale di imporre il calcio dall’alto, con un super-campionato il cui vessillo fu un Pelé in declino ma ancora valido, affiancato poi da Beckenbauer, Cruyff, Eusébio e altri nomi di grande richiamo. L’esperimento durò solo fino al 1984 e, se non attecchì come spettacolo, lasciò comunque un impulso alla pratica del gioco. “

L’“apprendimento” del 1986

Kissinger aveva tentato di ottenere anche il Mondiale del 1986, dopo che la Colombia vi aveva rinunciato pur avendolo assegnato. La causa fu una serie di richieste inedite avanzate dalla Fifa che fecero lievitare esponenzialmente i costi: 12 stadi da 40.000 posti per la prima fase, più quattro da 60.000 per la seconda, più due da 80.000 per la partita inaugurale e la finale.

Di fronte a simili imposizioni, la Colombia rinunciò, non senza un acceso dibattito nazionale. Kissinger spinse allora gli Stati Uniti a candidarsi, insieme a Canada, Brasile e Messico, che alla fine si aggiudicò il torneo. Il Messico poteva contare su un padrino importante, Guillermo Cañedo, vicepresidente di Televisa e della Fifa, del quale in Colombia si è sempre sospettato fosse l’artefice di quel pacchetto di richieste. Kissinger dichiarò in seguito: «Gli intrighi e le cospirazioni per la Coppa del Mondo del 1986 mi fecero provare nostalgia per i colloqui di pace in Medio Oriente».

Imparò però a muoversi all’interno della Fifa, e il Mondiale del 1994 riuscì a ottenerlo, superando Marocco e Brasile. 

Il torneo si giocò con 24 squadre, divise in sei gironi da quattro. Passavano agli ottavi le prime due di ogni gruppo e le quattro migliori terze, con la novità dei tre punti per la vittoria. I giocatori portarono il nome sopra il numero, abitudine tipica degli sport americani e già adottata dalla Premier League. Si giocò in otto città, in stadi di football americano, per lo più datati.

La prima impressione fu desolante. Il 17 giugno, al Soldier Field di Chicago, Germania e Bolivia aprirono il Mondiale mentre la polizia inseguiva sulle autostrade O.J. Simpson, celebre ex giocatore di football americano, sospettato di duplice omicidio. Il calcio perse attenzione: molti spettatori lasciarono i posti per seguire l’inseguimento in Tv. Quel primo giorno il Mondiale sembrò giocarsi in casa d’altri.

86.016 spettatori a San Francisco

Eppure, tutto crebbe col passare dei giorni. Complice l’enormità del Paese e l’inaspettato buon rendimento della squadra di casa.

Quel giorno il calcio mise davvero piede negli Stati Uniti. 1.500 giornalisti accreditati, una telefonata del presidente Bill Clinton a Milutinović e 86.016 spettatori allo Stanford Stadium di San Francisco, più della Super Bowl del 1985. Vinse il Brasile 1-0, gol di Bebeto, ma fu una sconfitta onorevole. La Abc registrò il record di ascolti. Gli Stati Uniti pareggiarono con la Svizzera, batterono la Colombia 2-1 (con l’autogol di Escobar) e persero con la Romania, ma passarono il turno e affrontarono il Brasile agli ottavi.

Il Mondiale lasciò molti ricordi: la lesione di Baresi, il record di Salenko, il dramma del doping di Maradona, il gol di Roger Milla a 42 anni, la Spagna eliminata dall’Italia dopo il famoso gomito di Tassotti su Luis Enrique, e la finale decisa ai rigori tra Brasile e Italia.

In generale fu un successo inatteso: 3.587.538 spettatori in 52 partite, media di 68.991, record assoluto. Il calcio aveva messo un piede negli Stati Uniti, per la gioia di Kissinger.

Da allora, gli Usa si sono qualificati a quasi tutti i Mondiali,, hanno vinto sei Gold Cup e oggi il capitale statunitense assalta i grandi club europei. Il Paese si prepara a ospitare un nuovo Mondiale insieme a Canada e Messico. Solo che, questa volta, non c’è più Kissinger. C’è Trump.

Correlate