Robinho dal carcere dei famosi: «Dicono che sia il responsabile, ma qui comandano le guardie»
A Tv Sport: «Bugie su di me, non ho mai ricevuto alcun trattamento speciale». E sullo stupro di gruppo per cui è in galera: «La ragazza era consensuale. Quando vidi che voleva continuare con altri ragazzi, me ne tornai a casa»

Db Milano 15/01/2014 - coppa Italia / Milan-Spezia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Robinho
Robinho – ex calciatore di Real Madrid e Milan, tra le altre – sta scontando una pena detentiva di 9 anni dopo essere stato condannato in Italia (nel 2022) per uno stupro di gruppo risalente al 2013. Il brasiliano ha visto recentemente respingersi il ricorso avanzato al tribunale e dovrà restare ancora a lungo al penitenziario Tremembé II di San Paolo, noto come la “prigione dei famosi” (430 detenuti distribuiti in celle di dimensioni variabili dai 9 ai 15 metri quadrati in cui possono essere ospitate fino a 6 persone). Ai microfoni di Tv Record ha raccontato la sua storia e illustrato come procede la sua vita dietro le sbarre.
Il racconto di Robinho
La chiacchierata comincia proprio dal reato per cui è in carcere. E Robinho ritiene di essere vittima di un’ingiustizia o di un malinteso: «Con quella donna ebbi una relazione superficiale e veloce. Era consensuale, ci scambiammo dei baci, poi tornai a casa. C’erano altre persone lì. Quando vidi che voleva continuare con altri ragazzi, me ne tornai a casa… Non ho mai negato che mi trovassi lì poco prima. Avrei potuto negarlo, perché il mio Dna non c’è. Ma non sono un bugiardo».
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L’ex stella verdeoro ha anche negato di avere particolari privilegi all’interno della prigione: «Non ho mai ricevuto alcun trattamento speciale. Le visite sono il sabato o la domenica. Quando mia moglie non viene da sola, viene con i miei figli. Le visite sono uguali per tutti e il trattamento è uguale per tutti. La mia dieta, i miei orari, tutto è uguale a quello degli altri detenuti. Non ho mai mangiato niente di diverso, non ho mai ricevuto un trattamento diverso. Quando è ora di lavorare, faccio tutto quello che fanno gli altri detenuti. Se vogliamo giocare a calcio, è permesso la domenica, quando non si lavora».
«Hanno diffuso bugie sul fatto che io sia un responsabile del carcere o che abbia problemi psicologici. Non ho mai avuto problemi del genere, non ho mai dovuto prendere farmaci, grazie a Dio. Nonostante quanto sia difficile stare in prigione, è normale, ma grazie a Dio ho sempre mantenuto la calma e sto facendo tutto ciò che un detenuto può fare», ha spiegato Robinho. Infine ha concluso dicendo: «Qui nel carcere di Tremembé, l’obiettivo è rieducare e risocializzare coloro che hanno commesso errori. Non ho mai avuto alcun tipo di leadership qui, né altrove. Qui, come vi ho già detto, sono le guardie a comandare e noi, i detenuti, ci limitiamo a obbedire».











