Ulivieri: «Baggio il più forte che ho allenato? No, è Chiorri ma c’era una cosa che lo appassionava più del calcio»

Alla Gazzetta: «quando Baggio era vicino all’area, non tirava, piazzava la palla. Chiorri no, lui poteva piazzarla ma sapeva anche tirare. E poi era forte di testa, aveva dribbling»

Ulivieri

Db Milano 09/01/2020 - presentazione della nuova collezione figurine Panini / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Renzo Ulivieri

Ulivieri: «Baggio il più forte che ho allenato? No, è Chiorri ma c’era una cosa che lo appassionava più del calcio»

Renzo Ulivieri intervistato dalla Gazzetta dello Sport, a firma Stefano Agresti.

A Bologna ha avuto anche la sua lite più nota, con Baggio. Lo mise in panchina nella partita con la Juve e lui lasciò il ritiro.
«Spiegai alla squadra la partita che dovevamo fare. Dissi: loro sono troppo forti, noi nel primo tempo non si gioca, si butta la palla alta sugli attaccanti, Andersson e Fontolan, e basta. Poi entrano Baggio e Kolyvanov e teniamo la palla a terra».

Baggio la prese male.
«Ma non ci fu nessuna lite. La sera prima della partita ero sul divano con il presidente Gazzoni, arrivò Roberto e disse: vado a casa. Lo guardai: non devi dirlo a me ma a lui che ti paga».

Alla fine lasciaste entrambi Bologna.
«Quando seppi che lui aveva deciso di passare all’Inter, decisi che me ne sarei andato anch’io: sarei diventato quello che aveva fatto fuori Baggio».

Baggio è il giocatore più forte che ha allenato?
«No, il più forte è Alviero Chiorri. Aveva tutto. Più di Baggio, più di Mancini. Per dire: quando Baggio era vicino all’area non tirava, piazzava la palla. Alviero no, lui poteva piazzarla ma sapeva anche tirare. E poi era forte di testa, aveva dribbling».

Perché non ha fatto una grande carriera?
«Perché non pensava solo al calcio. C’era una cosa che lo appassionava molto di più del pallone». 

Ulivieri: «I tecnici italiani sanno gestire le cose poco pulite e le situazioni di scarso livello» (al Messaggero il 2 agosto)

Il Messaggero ha intervistato Renzo Ulivieri, ex allenatore e presidente dell’Aiac (Associazione Italiana Allenatori Calcio), che sta svolgendo il giro dei ritiri di Serie A e Serie B incontrando i tecnici.

Cosa le dicono e chiedono soprattutto?

«Noi siamo un sindacato, ci occupiamo di questioni che riguardano i contratti di lavoro».

Il mercato sempre più complicato condiziona i tecnici?

«Può condizionare, ma sono tutti preparati a lavorare sul materiale a disposizione. Trattative estive a campionato iniziato? Fosse per me chiuderei il mercato prima. Non vedo la necessità di andare fino all’1 settembre ma prendiamo atto di quello che è. Per un fatto di tranquillità penso sia meglio chiudere prima».

E’ un problema per chi allena che i calciatori vogliono andare via e lo dicono?

«Il problema è quando i calciatori vogliono andar via ma non lo dicono. Se ammettono con chiarezza ciò che vogliono, un tecnico valuta le scelte da fare. Quando si tace è peggio. Ma non è una faccenda di adesso, c’era anche prima. Una volta ho avuto un giocatore che saliva sull’Aventino perché voleva evitarsi la fatica della preparazione, dopo 15 giorni firmava e tutto rientrava mettendosi a disposizione».

Troppe partite?

«Sì, stanno diventando un’esagerazione. Ci vuole un freno. C’è stanchezza fisica e mentale che si recupera con maggiore difficoltà. C’è una stanchezza di sentimenti».

Il ritorno di Allegri, Sarri e Pioli, le novità Chivu all’Inter e Cuesta al Parma, accenderanno ancora di più la prossima Serie A?

«Dipende, sicuramente è un campionato dove tornano figure importanti, Non bisogna avere paura degli stranieri che possono arrivare, è un confronto».

Gli italiani all’estero sono sempre in prima linea: Ancelotti, Maresca, Farioli, Pirlo, De Zerbi…

«Sono bravi. Sanno farsi apprezzare molto anche fuori. C’è uno scambio, prima non si pensava di uscire dai confini. Così si può portare il nostro sapere e al contempo ricevere, facendo esperienza. Cosa hanno in più i tecnici italiani? Sanno gestire nel modo giusto le cose poco pulite e le situazioni di scarso livello».

Di cosa ha bisogno il nostro sistema calcio?

«Una gestione seria dell’economia».

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