Sembrano vere ma non lo sono, le amichevoli estive non valgono nulla (Guardian)
"Prima il precampionato era considerata un evento quasi privato, oggi è una proiezione del club al mondo"

Ni Castel di Sangro 03/08/2025 - amichevole / Napoli-Brest / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: Ludovic Ajorque-Giovanni Di Lorenzo
Mentre a Napoli c’è già una (sottile, per fortuna) fetta della tifoseria che comincia a mugugnare per le sconfitte del Napoli nelle amichevoli in ritiro, Jonathan Wilson sul Guardian ci ricorda che questo precampionato che “sembra reale eppure tutti sanno che non lo è”, è una questione spinosa per tutti. Perché oggi siamo “nell’era dei dati e delle analisi minuziose“.
Tutto ciò che c’è nell’attesa, dal Mondiale per club al calciomercato, non basta: “Prima o poi, c’è bisogno di vederli giocare. E così ci sono le partite di precampionato, e c’è l’analisi. La parte migliore è scettica, riconoscendo l’assurdità di esprimere giudizi dopo 45 minuti. La parte peggiore è insistente fino all’inverosimile”. Ma “almeno, c’è la sensazione di qualcosa di tangibile”.
“Tutto questo è fumo in un giorno di nebbia. Avrà qualche significato quando la stagione inizierà davvero? I tifosi dello United ricorderanno con rammarico quanto fossero in forma nel precampionato sotto la guida di Louis van Gaal nel 2014, solo per vedere la stagione stessa rivelarsi deludente. Il problema nel valutare le partite di precampionato è che le squadre si trovano in fasi di preparazione diverse. Alcune prevedono di partire a razzo dalla prima settimana; altre puntano a raggiungere il picco a marzo o aprile, con differenze che si amplificano due settimane prima dell’inizio. Alcuni allenatori stanno lavorando su piani specifici e sono meno preoccupati dal contesto generale, altri sperano solo di far entrare minuti semi-competitivi nelle gambe dei loro giocatori”.
“Ai vecchi tempi, prima che le squadre della Premier League partissero per tournée all’estero e tutti si promuovessero disperatamente a un pubblico globale, il precampionato era una questione di legame di squadra più di ogni altra cosa: la squadra che beve insieme vince insieme, come diceva il proverbio. Le storie sono innumerevoli: l’ala dell’Everton Peter Beagrie che guida una moto attraverso una vetrata a San Sebastián; il piccolo ma estremamente resistente terzino del Sunderland John Kay che terrorizza un locale molto più grande che lo aveva minacciato mangiando con noncuranza i cubetti di disinfettante da un orinatoio a Bristol; il centrocampista francese dell’Arsenal Gilles Grimandi che si unisce a cinque dei suoi compagni di squadra inglesi per una serata fuori in Svizzera, dove il primo giro comprendeva 35 pinte di birra chiara e un vino bianco secco. Molti allenatori, si sospetta, apprezzerebbero molto un ritorno ai tempi, se non dell’alcol, almeno di un precampionato considerata un evento in gran parte privato piuttosto che una proiezione del club al mondo”.
Il precampionato “è in gran parte una guerra fittizia, una lotta serrata, un’indagine serrata. È importante per i club, ma per chi non è del settore è essenzialmente come guardare un artista che mescola i suoi colori. C’è attesa e un vago interesse tecnico, ma non significa nulla finché non inizia a essere applicato sulla tela”.