Chiellini: «Onestamente non so come il calcio italiano possa risollevarsi, avevamo tre semifinaliste in Champions»
A Tuttosport: «La managerialità, però, manca anche all’estero. Il Mondiale per club? Per me è stata la prima di tante edizioni. Nella Juve non faccio mercato».

Db Torino 16/05/2022 - campionato di calcio serie A / Juventus-Lazio / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Giorgio Chiellini
Giorgio Chiellini ha rilasciato una lunga intervista a Tuttosport sul suo ruolo alla Juventus e come sta cambiando il calcio italiano.
Chiellini: «Moggi diceva: a comprare sono tutti buoni, vendere riesce a pochi. Non partecipo al mercato della Juve»
Eventi sportivi che hanno segnato la sua vita?
«Mondiali 90 e Mondiali 94 me le ricordo benissimo. Nel 1990 ero piccolo, ma possono dirti con esattezza dove ho visto Italia-Argentina e non dimentico le lacrime per la finale di Usa 94 dopo i rigori contro il Brasile. Quelle sono due pietre miliari nelle mie emozioni. Poi, io
e mio fratello facevamo un tifo sfegatato per Tomba in tv e abbiamo vissuto da appassionati l’epoca Schumacher alla Ferrari. E tanto amore per il basket livornese».
Non so se è uno che si conserva le prime pagine come fanno i tifosi, ma ne scelga tre da incorniciare per sempre:
«No, io non colleziono, ma mia mamma sì. E comunque dico: Europei del 2021, l’apice della mia carriera. Ha un valore superiore a tante cose, perché unisce tutte le tifoserie con qualcosa di più grande. E viverlo a fine carriera, dopo tante peripezie calcistiche e fisiche e dopo il
Covid, ha dato una forza maggiore a quelle emozioni. È stato qualcosa di molto importante. Poi direi il primo dei nove scudetti, cito quello perché è stato grandemente inaspettato, con il cuore sulle montagne russe. Per la terza scelta manca la Champions con la Juve».
Ha giustamente detto che il primo scudetto era inaspettato. Effettivamente i periodi bui o grigi, a volte, finiscono all’improvviso, quando meno te l’aspetti, i pianeti si allineano. È un pensiero incoraggiante in questo momento in cui la Juve fatica?
Chiellini: «Nel 2011 c’erano tanti tasselli che si stavano mettendo a posto, dallo stadio alla formazione. La storia della Juve è fatta di cicli e anticicli. Poi spiegare il perché è difficile, ma è un dato di fatto che i cicli vincenti e i periodi senza vittorie si sono sempre alternati in modo regolare. Io sono arrivato alla fine del ciclo di Capello, poi ho vissuto il post Calciopoli, poi i nove scudetti, poi questo nuovo anticiclo. Sono stato all’inferno e in paradiso».
Qual è stato il momento più buio del post Calciopoli?
«Il secondo settimo posto, la stagione con Delneri. Perché non deve mai capitare, ma un’annata storta può essere accettata. Era un periodo in cui pensavano di essere tornati su, dopo un terzo e un secondo posto e il primo settimo fu uno scossone, ma con la speranza di ripartire subito e, invece, il secondo settimo posto è stato ancora peggio, perché non eravamo pronti a viverlo di nuovo. L’ho vissuto malissimo, anche da me in prima persona».
Il calcio italiano fino ai primi 2000 è stato il centro del mondo, ora è indietro, non solo per gli stadi…
Chiellini: «Se penso che in quel periodo portavamo tre squadre in semifinale di Champions e avevano una serie di Palloni d’Oro che giocavano da noi… Oggi uno scenario del genere è utopia».
Come se ne esce?
«Sono sincero, non lo so. Il calcio italiano non ha la forza di farlo da solo, deve ritrovare qualcosa di speciale che o non abbiamo o non ci riconoscono. L’evoluzione del seguito che stiamo avendo negli ultimi anni è in discesa, qualcuno se ne rende conto e qualcuno meno. E va oltre ai risultati, buoni (ma non certo esaltanti) delle squadre in Europa. Quelli non sono un indice della salute».
Il calcio italiano manca di managerialità?
«Sì, ma occhio che manca anche all’estero. Siamo sempre molto severi nel giudicare a casa nostra, ma non è che all’estero stiano molto meglio, sfruttano buone scelte fatte in passato o club che vanno oltre qualsiasi momento di crisi. Penso alla Spagna o all’Inghilterra. I problemi ci sono anche lì e sono palesi. Tutte le dinamiche del Barcellona non sono indice di grande managerialità, ma il Barcellona è un club mondiale, che ha un seguito globale e, anche se ora sta sistemando le cose, errori in passato ne ha commessi, altrimenti non si ritroverebbe in quella situazione. Anche la Premier, che ha una potenza enorme per i diritti tv, sta comunque affrontando problemi economici, forse legati a qualche errore di managerialità. Quindi non per forza siamo messi peggio degli altri da qual punto di vista».
Del Mondiale per club ne parleremo tra vent’anni, oppure sarà un episodio curioso nella storia del calcio?
Chiellini: «Per me è la prima di una lunga serie di edizioni. Sicuramente, un torneo che in Italia si è apprezzato un po’ meno per il fuso orario non è stato vissuto così intensamente. Io ero negli Usa e mi sono visto tante partite belle, che non avevo mai visto e la possibilità di confrontarsi con il calcio sudamericano e con le loro tifoserie mi ha emozionato. Ne ho parlato con Wenger e Infantino, l’idea di vedere un torneo del genere, chessò, a Londra e sobborghi, credo sia un sogno per qualsiasi tifoso che può vedere calcio dal mattino alla sera».
Parliamo della sua, di evoluzione. Non tutti hanno capito cosa fa…
«Io sono entrato in società l’anno scorso e ho seguito la parte istituzionale e ho scoperto un nuovo mondo che va oltre il campo, come Lega, Federazione e istituzioni internazionali come Eca e Uefa, scenari che credo sia giusto conoscere per avere una preparazione più completa. Poi ci sono dinamiche interne, tante persone che conosco da anni, ma un conto è conoscerle e un conto è lavorare con loro tutti i giorni. Quella l’ho iniziato a fare l’anno scorso e continuerò a fare quest’anno, entrando in una parte della Juventus poco conosciuta, ma è che è il motore di quell’altra Juventus. Prima bisogna conoscere come funziona una macchina, poi si possono avere opinioni e dare idee. Poi c’è il campo e sono sempre stato a supporto delle persone che c’erano l’anno scorso e lo sono quest’anno. Come ha specificato Damien Comolli, non partecipo alle scelte di mercato, ma non c’è una persona sola al comando della Juventus, siamo un gruppo che lavora e collabora insieme. Neanche ai tempi di Andrea Agnelli c’era un uomo solo al comando, perché anche lui delegava molto alle persone sotto di lui. Sarà sempre così».
Come si esce da questo anticiclo?
Chiellini: «Si sta cercando di costruire una base, perché senza una base forte non si può tornare a vincere. L’idea è dare solidità, in modo che questo gruppo possa crescere e prendersi l’onere e l’onore di portare avanti un nuovo ciclo vincente».
Tudor è la persona giusta?
«Igor ha dimostrato cosa rappresenta per lui la Juve e lo ha trasmesso ai giocatori. Poi Igor non è solo “Juve”, i valori che ha trasmesso nei mesi scorsi è tangibile. Il quarto posto e un buon Mondiale per club credo testimonino a suo favore».
Come mai è così difficile vendere i giocatori?
«Moggi diceva: a comprare sono tutti buoni, è a vendere che è difficile e riesce a pochi».