Spithill, il signor America’s Cup che a nove anni costruì la sua prima barca e sfidò l’oceano

Esquire racconta uno degli skipper più famosi del mondo, che potrebbe tornare a Napoli. «È quando le persone stanno perdendo che mostrano la loro vera natura»

Spithill

James Spithill of Luna Rossa Prada Pirelli speaks at a press conference on day two of the 36th America's Cup in Auckland on March 12, 2021. Gilles Martin-Raget / AFP

Spithill, il signor America’s Cup che a nove anni costruì la sua prima barca e sfidò l’oceano

Esquire si è tuffato nel mondo di James Spithill. È uno degli skipper più importanti al mondo che è nato in una zona dell’Australia dove anche per andare a fare la spesa si deve attraversare l’acqua. Forse lo vedremo protagonista a Napoli nel 2027. Sicuramente lo è stato nelle World Series del 2012.

L’infanzia e la nascita di un velista. Spithill è cresciuto in un ambiente unico, a Pittwater, a nord di Sydney, un parco naturale completamente circondato dall’acqua e raggiungibile solo in barca. Questa condizione “isolana” ha forgiato il suo rapporto con l’acqua. “Ovunque volessimo andare, avremmo dovuto farlo sull’acqua,” racconta a Esquire. Costretto a confrontarsi con il mare quotidianamente per andare a scuola o fare la spesa, ha sviluppato un profondo rispetto per la natura e una precoce indipendenza. “Cerchi di non sfidarla, perché lei vincerà sempre. Semmai, provi a capirla.” Paradossalmente, il suo percorso inizia con un ostacolo inaspettato per un futuro marinaio: il mal di mare. Spithill è dovuto “scendere a patti” con questa condizione, rendendo la sua successiva ascesa ancora più notevole.

Nonostante le difficoltà fisiche – una gamba più corta dell’altra e il consiglio medico di evitare lo sport – la sua determinazione era ferrea. A soli nove anni, Spithill realizzò la sua prima barca insieme alla sorella, utilizzando materiali di scarto. Un’impresa che, rivista da padre, definisce “folle lasciare dei bambini di quell’età, soli, nell’oceano su una piccola barca”, ma che all’epoca non percepivano come pericolosa. Questa esperienza pionieristica segnò l’inizio della sua avventura nel mondo della vela.

L’America’s Cup: un sogno diventato realtà. La sua ispirazione per l’America’s Cup nacque all’età di quattro anni, assistendo alla storica vittoria dell’Australia II nel 1983, che interruppe il dominio americano durato 132 anni. Due membri dell’equipaggio, Colin Beashel e Rob Brown, erano di Pittwater, e diventarono i suoi “eroi”. Ricorda che “quella vittoria mostrò alla gente lo spirito australiano” e lo spinse a dire al padre: “Voglio fare come loro, voglio vincere l’America’s Cup.”. La sua carriera è stata un’escalation di successi. A diciannove anni, è diventato il timoniere più giovane dell’America’s Cup, e a trenta, il più giovane a vincerla. Ha partecipato a otto edizioni e ha eguagliato il record di Dennis Conner di diciassette regate vinte. Anche se il suo record è stato successivamente superato.

Un momento iconico della sua carriera è la storica rimonta del 2013 a San Francisco, dove il suo team, BMW Oracle Racing, si trovò sotto per 8-1 contro la Nuova Zelanda e vinse per 9-8. Questa esperienza gli ha insegnato l’importanza della resilienza e del lavoro di squadra sotto pressione: “È quando stai perdendo che le persone mostrano la loro vera natura: nelle difficoltà, mica nei momenti belli.”

Il suo legame con l’Italia è forte, rafforzato dalla vittoria della Prada Cup nel 2021 a bordo di Luna Rossa. Nonostante fosse l’unico non italiano nel team velico, si è sentito “in famiglia”, sottolineando il “rapporto speciale con Luna Rossa, con Patrizio Bertelli e la sua famiglia.”

Oggi, a quarantacinque anni, James Spithill ricopre un ruolo inedito come Ceo di SailGP Italia, guida il neonato Red Bull Italy SailGP Team, un’iniziativa che lo vede al timone non solo di un’imbarcazione ma di un’intera organizzazione. Il SailGP, spesso definito la “Formula 1 del mare”, è un campionato in cui tutti gareggiano su catamarani F50 identici, mettendo in risalto l’abilità dei velisti.

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