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Mughini: «ci credo a Pinelli caduto dalla finestra. Mi ricordano per “io aborro”, l’ho detto una sola volta»

Intervistato dal Fatto: «La divisione tra sinistra e destra mi annoia. Il libro “Compagni, addio” è stata la frattura della mia vita, alcuni non mi hanno più salutato»

Mughini: «ci credo a Pinelli caduto dalla finestra. Mi ricordano per “io aborro”, l’ho detto una sola volta»
archivio Image / Spettacolo / Giampiero Mughini / foto Clemente Marmorino/Image

Giampiero Mughini, 83 anni, intervistato dal Fatto Quotidiano. Una bella intervista di Alessandro Ferrucci. Ne prendiamo qualche estratto.

Scrive il Fatto: “da poco è uscito il suo ultimo libro, Controstoria dell’italia (Bompiani) dove lo stesso Mughini incrocia fatti personali con la storia del Paese”.

Lunedì è morta la vedova Pinelli…

E ho pensato… (pausa); le dico subito la mia opinione rispetto a quella tragedia.

Qual è?
Che è semplicemente assurdo pensare che l’abbiano picchiato fino a portarlo alla morte; concordo con le conclusioni della famosa indagine guidata dal giudice D’Ambrosio: Pinelli si è avvicinato alla finestra alla fine dell’interrogatorio, poi si è sentito male ed è caduto. 

«La divisione tra sinistra e destra mi annoia».

Totalmente.
«Mi interessano le persone. Così non c’è collante. Non appartengo a niente, non so autodefinirmi neanche professionalmente».

La dedica del libro: “A Elio che continuò a volermi bene anche quando diedi l’‘addio’ ai compagni”.
La grande frattura delle mia vita: dopo la pubblicazione di Compagni, addio ci sono state persone che non mi hanno più salutato; il mio professore dell’università disse a mia madre che non lo dovevo cercare.

Si aspettava queste conseguenze?
A questo livello proprio no. Un’altra mia amica mi telefonò: “Ho letto il libro, e siccome ti sono legata, non ne parlerò”. Quel libro ha spaccato la mia vita.

Quanto vendette?
All’inizio diecimila copie, ma è durato nel tempo; oggi su Amazon si trova a 120-140 euro. 

Mughini, io aborro e la Juventus

Nonostante il suo bagaglio culturale, la sua storia, viene ricordato per “aborro” e il tifo per la Juventus.
La vita è così (lo ripete). E anche io, ogni tanto, me lo chiedo.

Le dispiace?
Un po’, ma nulla di strano, in Italia i libri non contano nulla; sì, la gente mi dice “aborro”. 

Il personaggio ha intaccato la persona o l’intellettuale?
Se questa è la sua impressione (pausa); tutti si appigliano agli aspetti più facili, alle cose popolari. E per me di popolare c’è stata la Juventus. Ne sono felice.

Antonio Manzini spiega: ringrazio i libri su Rocco Schiavone e la sua fama perché così ho potuto pubblicarne altri che altrimenti avrebbero rifiutato.
È proprio così (pausa); aborro… mi dicono aborro, eppure quel termine, in tutta la mia vita l’ho utilizzato una volta sola (quasi urla), lo giuro sulla testa di mio padre!

Chi è la miglior espressione intellettuale della sua generazione?
Adriano Sofri è di una grande intelligenza, anche se abbiamo litigato.

Intelligenza pura o manipolatoria?
(sorride) Ha una casa piena di libri; oltre a Sofri dico Franco Piperno o i Quaderni piacentini di Piergiorgio Bellocchio. 

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