ilNapolista

Sinner: «Non sono andato in Arabia per i soldi, non gioco per i soldi». E Wawrinka ride su X

Le sue parole a Eurosport: «I soldi sono importanti ma non così tanto. Vivo bene anche senza questo denaro»

Sinner: «Non sono andato in Arabia per i soldi, non gioco per i soldi». E Wawrinka ride su X
Italy's Jannik Sinner returns the ball to Russia's Daniil Medvedev during their men's quarterfinals match on day ten of the US Open tennis tournament at the USTA Billie Jean King National Tennis Center in New York City, on September 4, 2024. (Photo by Kena Betancur / AFP)

Sinner: «Non sono andato in Arabia per i soldi, non gioco per i soldi». E Wawrinka ride su X

Su X si divertono con l’estratto dell’intervista di Eurosport a Sinner. Gli chiedono della sua vittoria al col montepremi più ricco della storia del tennis: sei milioni di dollari. «Com’è tornare a casa, posare i bagagli e dire “ok ragazzi, ho appena guadagnato sei milioni di dollari”»

Lui risponde così:

«Io non gioco per soldi. Certo è un bel montepremi e tutto il resto ma io sono andato lì per confrontarmi con i sei tennisti più forti del mondo, mi ha dato anche la possibilità di andare per la prima volta a Riad. Quando torni da vincitore, ti dici che ha giocato nel modo giusto e hai fiducia di migliorare per il futuro. I soldi sono importanti ma non così tanto. Vivo bene anche senza questi soldi». Dice che la salute e la sua famiglia sono più importanti dei soldi.

Wawrinka su X sotto il video pubblica l’emoticon delle risate.

Sinner: «Il successo non mi ha cambiato. Alcaraz tennisticamente ha qualcosina in più, è un fatto positivo» (La Stampa)

Jannik Sinner ha rilasciato un’intervista alla Stampa che lo definisce “il numero uno della porta accanto”. «Perché piaccio alla gente? Forse perché sono uno normale». L’antidivo Jannik  allora prova a definire la “normalità”.

Sinner: «Ho trascinato del movimento? In Italia si ha la memoria corta»

Sinner, definiamo uno normale?
«Il successo non mi ha cambiato, sono sempre lo stesso. Non cammino a testa alta se vinco, non mi deprimo se perdo. Non mi piace stare sotto i riflettori. Non mi atteggio. Chi mi sta vicino, sa quanto tempo dedico al tennis. Poi o piaci o non piaci, non si può controllare tutto. Io bado a chi mi sta vicino, alla famiglia, del resto mi importa poco».

L’Italia è presente in tutte le Finals, maschili e femminili. È stato lei a trascinare il movimento?
«In Italia spesso si ha la memoria corta. Io sono arrivato quando Fognini vinceva Monte-Carlo e Berrettini faceva finale a Wimbledon. Già nelle scorse stagioni ero costante, anche se non vincevo tanti titoli: proprio come sta facendo ora Musetti. Berrettini sta tornando, ci sono Cobolli e Arnaldi: ogni settimana, per uno di noi che perde, altri due possono vincere un torneo. Sono contento di aver dato il mio contributo. Ma in campo ciascuno è solo».

Tra Jannik e Carlos: differenze e somiglianze

Parliamo del suo grande rivale Carlos Alcaraz?
«Siamo due giocatori molto diversi. Io tengo il ritmo molto alto, sono forte mentalmente. Lui lo è fisicamente e tennisticamente al momento ha qualcosina in più: gioca meglio lo slice, le volée. Ma per me è un fatto positivo: significa che ho margini».

Leggi anche: Sinner: «In questa stagione ho vinto tante partite con la forza mentale»

Tecnicamente che cosa gli ruberebbe?
«Carlos in campo fa i numeri: smorzata, passante, lob… Non so se io sarò mai così. Però come tennista sono più solido e quando serve piazzo l’accelerazione vincente».

In che cosa invece vi assomigliate?
«Tutti e due tiriamo fuori il meglio nei punti importanti».

Lei assomiglia a Djokovic, Alcaraz a Federer: è d’accordo?
«Forse per la mentalità. Carlos è simile a Nadal, pressa fin dal primo punto, corre moltissimo. Poi alza la voce, sa come accendere il pubblico. Io sono più calmo, più freddo. Ma so diventare caldo anch’io. A volte fa bene innervosirsi, urlare contro il team, uscire dagli schemi un attimo, per poi rientrarci. Lo puoi fare se attorno hai persone di cui ti fidi».

ilnapolista © riproduzione riservata