Stefano Tacconi torna in sala operatoria a due anni dall’aneurisma

Lo stesso Tacconi ne aveva parlato al settimanale DIPiù: «Ora anche se sto meglio e sono tornato a camminare, il mio calvario non è ancora finito»

Tacconi Heysel

Db Torino 13/05/2014 - finale Europa League / Siviglia-Benfica / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Stefano Tacconi

Stefano Tacconi torna in sala operatoria a due anni  da quando fu operato la prima volta a seguito di un’emorragia per aneurisma cerebrale. Lo ha annunciato con una storia su Instagram Andrea, il figlio dell’ex portiere della Juventus e della Nazionale: «Ciao a tutti, domani  papà dovrà affrontare una nuova operazione delicata. Il suo spirito non cambia, rimane sempre un leone. Avanti tutta».

Il calvario di Tacconi

Lo stesso Tacconi ne aveva parlato al settimanale DIPiù: «Ora anche se sto meglio e sono tornato a camminare, il mio calvario non è ancora finito. Le ultime visite che ho fatto hanno evidenziato dei coaguli di sangue, dei “trombi”, nelle gambe e nella vena aorta. Devono “aprirmi” e darmi una sistemata. Mi hanno promesso che poi sarò come nuovo»

Poco tempo fa Stefano Tacconi aveva parlato in una lunga intervista a Sport Week 

Oggi dopo un piccolo miracolo e tanta riabilitazione è tornato  a camminare quai normalmente. È tornato ad allenarsi come quando era calciatore?

«Non me lo dica… Ho sempre odiato la palestra, ma almeno allora mi pagavano. Ora mi restano solo i dolori (ride, ndr): ci sono delle sere dopo la fisioterapia che mi ricordano i giorni del ritiro precampionato. Ha presente l’acido lattico? Che tormento».

In compenso il malore l’ha portata a lasciar perdere diverse cose negative. Cominciamo dai falsi amici?

«Sì, ho eliminato diversi numeri di telefono e fatto una bella pulizia nella rubrica. Da alcuni mi aspetto ancora una chiamata, chissà mai se arriverà. Altri invece si sono dimostrati veri amici».

I suoi ex compagni?

«Loro si sono fatti sentire, anche perché prima andavo a giocare con le Legends della Juve ed eravamo sempre in contatto. Ora tocca a Peruzzi e Chimenti raccogliere le palle in fondo al sacco (ride, ndr). Ma, per esempio, anche il mio amico Walter Zenga. Lo prendo in giro e gli dico sempre: “Mi devi ancora 300 milioni di lire di premi per il Mondiale che ci hai fatto perde- re con quell’uscita su Caniggia contro l’Argentina in semifinale”. Mi manda al diavolo. E ha ragione, Walter fece un torneo strepitoso, ma tutti si ricordano solo di un errore sull’unico gol subito. Capito che mestiere del c… il portiere?».

Al calcio ci arriviamo dopo. Che mi dice di alcol e sigarette? «Altre cose che ho dovuto abbandonare. Bere non bevo più, niente più cognac come ai bei tempi. Ma la vera fatica sono le sigarette…».

Era un fumatore incallito pure da calciatore?

«Può dirlo forte. Mi facevo una sigaretta pure nell’intervallo delle partite, insieme a Platini. Pensi che anche dopo l’aneurisma, in ospedale, mi mancavano così tanto che alla fine qualcuno s’impietosiva e me ne dava una. Oggi, invece, mi concedo solo la sigaretta elettronica. Non devo sgarrare».

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