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Pogacar vuole far vincere anche i suoi compagni, lavora per diventare una leggenda (Faz)

I suoi dirigenti hanno paura che esageri, e sprechi energie per la doppietta con il Tour de France

Pogacar vuole far vincere anche i suoi compagni, lavora per diventare una leggenda (Faz)
Team UAE's Slovenian rider Tadej Pogacar celebrates as he crosses the finish line to win the 8th stage of the 107th Giro d'Italia cycling race, 152km between Spoleto and Prati di Tivo, on May 11, 2024. (Photo by Luca Bettini / AFP)

Tadej Pogacar ha già vinto tre tappe del Giro, due in montagna e una a cronometro. E ha chiuso la prima settimana del Giro in testa allo sprint di gruppo sul lungomare di Napoli. In Germania e in Francia scrivono – e lo scrivevano da prima che iniziasse – che il Giro ha scelto di farsi bullizzare dal campione sloveno. Non solo è il più forte di tutti, ma gli hanno anche apparecchiato un tracciato che gli permetta di non stancarsi troppo in modo da puntare alla doppietta con il Tour de France. Solo che Pogacar è irrefrenabile. Non si tiene. Non centellina. Spinge.

“I suoi dirigenti sportivi a volte non sanno se essere felici o trattenere il fiato scrive la Faz- Perché Pogacar sperpera troppo i suoi poteri, cosa che ai potenziali vincitori del Tour è effettivamente vietato”. “Ma non puoi fermarlo. Lui è quello che è. Quando corre, vuole vincerle tutte”, sospira il direttore sportivo degli Emirati Arabi Uniti Matxin Fernandez.

Il fatto è che Pogacar non è solo un cannibale egoista. A Napoli ha tirato la volata del gruppo per lanciare il compagno Molano. Il colombiano è poi arrivato terzo. Ma Pogacar “ha la capacità mentale e fisica di pensare per i suoi compagni”, scrive la Faz. “Da un lato è fortissimo. D’altro canto, sta costruendo le basi per raggiungere il grande obiettivo di diventare una leggenda del ciclismo. “Se uno è una leggenda lo decidono gli altri”, ha detto in un’intervista a Napoli. Ma ha anche spiegato che sta lavorando affinché media e tifosi non possano fare a meno di dargli lo status di leggenda a fine carriera.

“Non solo con le sue vittorie. Impressiona soprattutto per il suo stile di guida. Non ha paura di addentrarsi nei gruppi di fuga come a Torino. Spinge sempre i suoi compagni di squadra ad alta velocità in montagna. Completa poi il loro lavoro preparatorio con un vero e proprio istinto omicida. E poi si butta nella mischia per rendere possibili le vittorie dei compagni”.

In primavera di Pogacar ha fatto poche gare, la maggior parte delle quali vinte, e molto allenamento in quota. Un lavoro che dovrebbe pagare soprattutto alla fine della seconda e terza settimana del Giro, quando si affronteranno salite mitiche come quella del Mortirolo”.

A Tour dello scorso anno partì fortissimo ma “fu poi letteralmente distrutto dallo sforzo collettivo del Team Jumbo-Visma. La concorrenza al Giro non sembra poter fare niente di simile. Non c’è nessun avversario dello livello, al tour c’era il danese Jonas Vingegaard. Se poi può sperare nella doppietta con il Tour è perché questo Giro è stato un po’ disinnescato per lui.  “Ci sono 11.000 metri di dislivello in meno, quindi 11.000 metri in meno di sofferenza. Questo è ciò che ci ha motivato ad affrontare il doppio quest’anno”, ha detto il direttore della sua squadra Gianetti.

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