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Paolo Cané: «A scuola tennis vedo genitori imbarazzanti, a ogni punto i figli li guardano»

L’ex tennista a Fanpage: «Vinsi la medaglia olimpica a 19 anni, un record che Sinner non potrà mai battere. Oggi per vincere devi avere testa e corsa»

Paolo Cané: «A scuola tennis vedo genitori imbarazzanti, a ogni punto i figli li guardano»
Paolo Cane of Italy returns the ball to Henri Lecomte of France during the quarter-finals of the Nations Senior Cup 24 January 201 in Punta del Este, Uruguay. AFP PHOTO/Miguel ROJO (Photo by MIGUEL ROJO / AFP)

Paolo Cané. Impossibile dimenticarlo. Il sommo Gianni Clerici gli attribuì il soprannome di Neuro. C’è poco da aggiungere. Buon giocatore, arrivò se non ricordiamo male nei pressi dei primi venti del mondo. A Wimbledon andò a due punti dal match contro Ivan Lendl che era nei suoi anni migliori. Allora il tennis italiano non vinceva ma di tanto compiva oppure sfiorava una grande impresa. Lui in Davis, a Cagliari sconfisse Mats Wilander. Disputò un grande incontro, perdendolo, anche contro Muster in Austria. Altri tempi. Galeazzi nelle sue telecronache parlava di turborovescio.

Oggi Paolo Cané, commentatore di tennis per Eurosport, viene intervistato da Fanpage.it. E parla anche di quel che vede a livello giovanile.

«Il tennis giovanile in Italia? Vedo qualche torneo in giro e mi fanno tenerezza, ma vedo anche genitori imbarazzanti. Quando vedo lo sguardo del bambino che cerca quello dei genitori ad ogni punto, che se fai bene sei campione del mondo e se perdi sei un disastro, gli crei un trauma incredibile. I genitori non possono sapere. In molti, anche nella mia scuola, li perdo per questo. Ma perché devo dare questo stress a ragazzi che fino a tre anni prima bevevano il latte della mamma. Lo vedo con mio figlio che gioca bene una o due volte a settimana. La cosa pazzesca è che lui si allena bene, ma poi quando torna a casa mi guarda i Puffi. C’è anche il momento per quello, a quell’età».

Parla della sua medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 1984, allora il tennis era sport dimostrativo.

Paolo Cané: «Il mio record è unico e Sinner non potrà mai batterlo. La medaglia olimpica l’ho vinta a 19 anni. È un primato che dura da 40 anni. E ora andrò a commentare le Olimpiadi per la Rai. Ai miei tempi era fantastico, io ero ragazzino con Panatta capitano, Carl Lewis, il dream team USA, tutti i velocisti, record pazzeschi. Giocai anche le Olimpiadi del 1988, persi ai quarti. Però come esperienza, sfilare per l’Italia e altre cose, è eccezionale. Il mio risultato, anche se dimostrativo, non me lo toglie nessuno. E mi faccio forza di questo».

Parla anche di Nardi.

«Nardi è bravo, perché vince e c’è il famoso treno che passa. Nardi è un’altra realtà che ha bisogno di tempo. Nel suo gioco rivedo molto Fognini: talentuoso, molto veloce, rapido con i piedi, buonissimo con il rovescio, con le diagonali e poi sta bene in campo. A Indian Wells per esempio, quando ha battuto Djokovic, ha sfruttato bene il lucky loser delle qualificazioni, ma in questi casi alla fine è solo questione di tempo. Dietro c’è grandissimo lavoro e grandissimi sacrifici, oltre al fatto che bisogna saper giocare a tennis. Non vai da nessuna parte, ci vuole la testa, ma il sacrificio ti fa tenere duro per martellare quotidianamente e fare fatica. È importante nei momenti decisivi. Vedi Sinner e gli altri sono freddi, cinici, attenti. Il fisico poi… devi correre. Un Einstein che non corre fa poco».

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