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Berrettini prosegue lo scongelamento, va in finale a Marrakech

Ha battuto in tre set l’argentino Navone. «Non ricordo nemmeno quando ho giocato l’ultima». Lo ricordiamo noi: a Napoli

Berrettini prosegue lo scongelamento, va in finale a Marrakech
Italy's Matteo Berrettini gestures as he reacts during his Monte-Carlo ATP Masters Series tournament round of 64 tennis match against US' Maxime Cressy in Monaco on April 10, 2023. (Photo by Valery HACHE / AFP)

Berrettini prosegue lo scongelamento, va in finale a Marrakech.

Il tennista romano, 28 anni il 12 aprile, ha battuto l’argentino Navone in tre set e ha raggiunto la finale dell’Atp 250 a Marrakech. Prosegue lo scongelamento del tennista che è stato numero 6 del mondo, finalista a Wimbledon. Ha perso il primo set al tie-break e quando in tanti si aspettavano un calo dell’italiano, è stato Matteo a prendere il sopravvento e la partita in mano. Ha vinto 6-3 6-2 e dopo aver eliminato Sonego ha raggiunto la finale che giocherà contro lo spagnolo Carballes-Baena numero 64 del mondo.

Con questo successo Berrettini torna nei primi cento del mondo. Da lunedì sarà anche a Montecarlo dove ha avuto una wild-card. Giocherà il primo turno contro Kecmanovic. Prima c’è da giocare la finale. Al termine della partita, Berrettini ha detto: «Non ricordo nemmeno quando ho giocato l’ultima finale». Proprio a Napoli contro Musetti: perse ma aveva un problema al piede. Per lui sarà la finale numero tredici. Di bello c’è che il tennista si sta ritrovando.

La vita da romanzo di Berrettini

L’affascinante romanzo di Berrettini che lotta contro le sabbie mobili su un periferico campo in Arizona

È quasi impossibile rimanere indifferenti al tentativo di rinascita di Matteo Berrettini. Mentre l’Italia tennistica (oggi popolata da molti “occasionali”) aspettava che a Indian Wells spiovesse per gustarsi il big match tra Sinner e Alcaraz, quattrocento chilometri più in là, a Phoenix, su un campo con una sola telecamera, Supertennis mostrava le fatiche di Matteo Berrettini che cercava di liberarsi dalle sabbie mobili che da tempo lo hanno tirato giù, fino all’attuale numero 154 della classifica Atp. Lui che neanche tra anni fa ha giocato la finale a Wimbledon e che l’anno successivo chissà come sarebbe andata se sull’erba londinese non l’avesse fermato il Covid.

Quella di Berrettini è una vicenda da romanzo. A Indian Wells, in prima classe, anzi in classe extralusso, c’è Jannik Sinner che incanta tutti anche quando piove e tiene l’ombrello a una di quelle ragazze addette al cambio di campo. Sinner oggi è il tennis italiano e mondiale. Sì stanotte ha perso. Ma ne aveva vinte diciannove di fila. Ha vinto la Coppa Davis annullando tre match-point a Djokovic, ha riportato l’Italia a conquistare un grande slam. Non c’è bisogno di dilungarsi.

Berrettini lotta contro tennisti della seconda cerchia

Matteo invece se ne sta lì su quel campo periferico, contro avversari il cui nome è sconosciuto a chi non sia un nerd della racchetta: Cazaux, Atmane, Vukic. Tennisti della seconda cerchia, rognosi da battere, che giocano per la gloria ma anche e soprattutto per i soldi. Si guadagnano il pane sul campo da tennis. Lui sta lì a fronteggiarli perché è un nobile decaduto. Ha attraversato la gloria, la fama, ha subito mille infortuni ma soprattutto l’invidia, la pesante invidia perché ha osato innamorarsi di una donna bella e famosa. Nel suo sguardo alla cerimonia della Coppa Davis c’era tutto: l’imbarazzo di trovarsi lì sapendo di non averlo meritato. Sinner per lui ha sempre, sempre, speso parole di conforto e di amicizia. Parole dense di rispetto.

Su quel campo sperduto, Berrettini lotta senza pensare al passato e a quel che accade nel tennis che conta. Sa che c’è uno e un solo modo per rientrare, ed è quello di attraversare la cayenna e superarla. E così batte Cazaux dopo aver perso il primo set ed essersi trovato sotto 5-3 al terzo. Poi batte un altro francese, Atmane, un mancino molto insidioso, che si aggiudica il primo set. Matteo va due volte al tie-break e li vince tutti e due. La seconda 8-6. Sempre aggrappandosi al servizio. Che continua a far paura visto che, quando batte, l’avversario indietreggia al punto da scomparire dall’inquadratura.

Come nei tornei amatoriali, gioca dopo due ore

Come nei tornei amatoriali, come nei tornei Fit dove l’organizzatore ti dice: “se vinci giochi dopo un’ora, se non ti sta bene te ne vai a casa non abbiamo tempo da perdere», Berrettini va in campo due ore dopo per la semifinale. “Appena finiscono, giochi tu”. Sono lontani i tempi in cui poteva trattare e finanche decidere orari e campi di gioco. Ed eccolo lì. Entra in campo mentre Sinner e Alcaraz stanno giocando il tennis vero. Con Bill Gates in tribuna. Mica quella signora annoiata che sbadiglia e guarda il telefonino al fianco del marito.

Gioca contro Vukic. E anche qui va due volte al tie-break. E per due volte lo vince. Lasciando sempre l’avversario a due. È in finale. Se la vedrà stasera (ore 22 italiane) con Nuno Borges numero 60 al mondo.

A fine partita, nel consueto discorso di fine match, ha detto:

«Ho fatto un grande lavoro in questi sette mesi in cui non ho potuto giocare. Sono passato attraverso tanti momenti tristi e penso che è proprio questo che mi ha fatto trovare le energie oggi. Ora mi sto semplicemente godendo il fatto di stare sul campo. So che potrei giocare meglio di così, ma non importa, contava lottare e giocare per voi che siate stati incredibili fin dal primo giorno. Ora sono in finale, ma un passo alla volta, sono molto felice. Penso che la mia mentalità sia stata la chiave oggi per vincere, per superare… Scusatemi, sono così stanco Sono davvero molto felice, adesso c’è bisogno di un ultimo passo». Poi ce ne vorranno altri ma intanto Matteo ha ripreso a camminare.

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