Di Lorenzo che lascia il settore ospiti e si sfila la fascia dopo il faccia a faccia con gli ultrà è l’emblema del grande disastro

A Napoli regna l’insoddisfazione per un progetto che non c’è più. Lo scrive la Gazzetta dello Sport con Vincenzo D’Angelo.
L’immagine di capitan Di Lorenzo che lascia il settore ospiti dopo il faccia a faccia con gli ultrà e ritorna verso gli spogliatoi sfilandosi la fascia al braccio, potrebbe essere lo scatto iconico della stagione del grande disastro. Il Napoli e i napoletani sono in crisi, come un rapporto d’amore squarciato da un tradimento. Sì, perché d’amore si tratta: quello per la maglia, per i colori della città, quel senso di appartenenza che adesso i tifosi non vedono più negli occhi e nelle prestazioni dei loro beniamini. Del resto, uno dei cori simbolo dell’era De Laurentiis racconta bene cosa significa il Napoli per la sua gente: «Un giorno all’improvviso, mi innamorai di te…». E oggi Napoli contesta, ferita come mai prima da quando il club è gestito dalla famiglia De Laurentiis. La gioia per lo scudetto atteso trentatré lunghissimi anni è già volata via, ora regna l’insoddisfazione di un progetto che poteva segnare un’epoca e che, invece, un anno dopo non c’è più.
Napoli, non doveva umiliarsi solo la squadra dagli ultras, doveva andarci la società (Corbo)
Non doveva umiliarsi solo squadra dagli ultras sotto la curva, doveva andarci la società. A scriverlo è Antonio Corbo sull’edizione napoletana di Repubblica.
Scrive Corbo:
Non doveva però umiliarsi solo la squadra quando a testa bassa si è avvicinata ad una curva di Empoli per subìre insulti e minacce. Una scena surreale che ormai si replica spesso nel calcio, non solo con il Napoli. Le porte degli stadi sono sempre aperte anche alla villania e all’arroganza. Se la società non ha saputo né voluto potenziare la formazione campione del 2024,se non ha ben sostituito l’allenatore del trionfo sparito nel mistero, non si sa ancora bene se “per amore di Napoli” come dice lui, se per vendicare presunti sgarbi del presidente, se per il timore di non ripetere l’impresa; ed ancora, se non è riuscita neanche a prendere Tudor che ora vince con la Lazio; ed ancora, se è riuscita con il capo scouting Micheli a proporre l’irrisorio Natan di ieri; se tutto questo è successo nel Napoli, qualcuno della società, da De Laurentiis a Chiavelli, all’astratto direttore Meluso doveva fare da schermo ai giocatori processati a scena aperta da chi non ha alcun diritto di scaricare su di loro la violenza verbale, l’ira di una sconfitta che è di tutti, non solo di chi oggi la teme, debole e vulnerabile, coinvolto in pur deplorevole fallimento collettivo.