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Sinner: «Prima di comprare qualcosa guardo sempre il prezzo. Non sono tirchio, rispetto il denaro»

A Vanity Fair: «Se vado al ristorante e la pasta al ragù costa molto più di quella al pomodoro, prendo quella al pomodoro»

Sinner: «Prima di comprare qualcosa guardo sempre il prezzo. Non sono tirchio, rispetto il denaro»
Italy's Jannik Sinner celebrates after victory against Russia's Daniil Medvedev during their men's singles final match on day 15 of the Australian Open tennis tournament in Melbourne on January 28, 2024. (Photo by WILLIAM WEST / AFP) / -- IMAGE RESTRICTED TO EDITORIAL USE - STRICTLY NO COMMERCIAL USE --

La domanda è: a Melbourne sembravano lacrime quelle sul suo viso. E Jannik Sinner risponde, di ghiaccio: “Era sudore”. Poi, dopo aver vinto il suo primo Slam è andato a dormire. Il giornalista di Vanity Fair che prova ad indagare un po’ l’intimità del primo numero 3 al mondo che l’Italia del tennis abbia mai avuto, gli chiede a cosa avrà mai pensato… “A niente. La sensazione era molto bella, certo. Ma non ho fatto grandi pensieri: in quel momento non sarei riuscito comunque a realizzare davvero quel che era successo. Ho guardato un po’ di film e mi sono addormentato“. E la coppa? “L’avevo lasciata al mio manager. Alla vittoria ci ho pensato in volo, avevo 20 ore. Ho pensato subito a come potrei migliorare ancora. Mi sono chiesto come mai fossi finito sotto due set a zero, perché non avessi reagito prima“.

E insomma questo è Sinner. Così è fatto il campione. “Voglio controllare solo le cose che mi impediscono di fare il mio lavoro. Evito quelle che non mi mettono nelle condizioni, il giorno dopo, di allenarmi serenamente. Ma se ho voglia di andare allo zoo, per dire, ci vado. Sono un ragazzo normale, fuori dal campo”.

D’altra parte la premessa che Sinner fa all’inizio dell’intervista è un ace: “Quando fai tante interviste e ti fanno le stesse domande, e ti tocca dare sempre le stesse risposte. Sto sempre attento a quel che dico, o almeno ci provo. Rispondere in modo non del tutto giusto, o vero, sarebbe come buttarmi nel fuoco. Le risposte sono sempre quelle perché sono onesto, mi piace andare dritto al punto”. 

E dunque: “Mi piace parlare di tennis, e dello sport in generale. Ma se si riferisce alla vita privata, è vero, voglio mantenerla tale. Voglio proteggere le persone che mi sono più vicine, tenendole fuori da tutto ciò. Lo vivo come un piccolo compito da svolgere, quasi un dovere: mi hanno aiutato, da giovane, ad acquisire sicurezza in me stesso, e oggi in qualche modo voglio tutelarle. Potrei anche parlarne. Ma le persone che mi sono vicine la pensano come me, su questo tema. Perché sono molto simili a me: ci capiamo con uno sguardo, in un secondo”.

Le risposte non “sempre uguali” sono quelle che ci riconsegnano il ritratto d’un ragazzo con una testa sulle spalle quasi inquietante: “Ho tutto, non mi manca niente. Non sono mai stato in discoteca, non mi piace andare a dormire tardi. Preferisco giocare a carte con un amico. So di trattare tutte le persone allo stesso modo: se ho davanti a me il numero 1 della classifica o chi pulisce gli spogliatoi, io mi comporto sempre ugualmente, con educazione. Prima di comprare qualcosa guardo sempre il prezzo, sempre. Se vado al ristorante e la pasta al ragù costa molto più di quella al pomodoro, prendo quella al pomodoro. Non perché sia tirchio, ma perché rispetto il denaro. L’unico regalo che mi son fatto è la macchina. Sono passati molti anni da quando ho spaccato una racchetta. La racchetta è la cosa più importante che abbiamo”.

E ancora: “Tutte le partite che si vincono, non si vincono nel giorno in cui si disputano. Si vincono preparandosi per mesi, forse anni, lavorando per quella partita. Vedremo se questo lavoro servirà anche al primo fallimento, vedremo come reagirò. Ma non ho paura di sbagliare, non ci penso. Non vedo che senso abbia pensarci“.

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