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Leao: «Con Pioli non c’era sintonia, c’è voluto tempo prima che capissimo come relazionarci»

Alla presentazione della sua biografia: «Con mister Giampaolo non c’era praticamente rapporto, non ci parlavamo. Giocavamo male, io poco»

Leao: «Con Pioli non c’era sintonia, c’è voluto tempo prima che capissimo come relazionarci»
Mg Milano 30/09/2023 - campionato di calcio serie A / Milan-Lazio / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Stefano Pioli-Rafael Leao

Rafael Leao, numero 10 del Milan, ha presentato la sua autobiografia “Smile”. Durante la presentazione, il calciatore ha parlato della sua esperienza a Milano e al Milan. Arrivato quando sulla panchina rossonera c’era Giampaolo, si è poi ritrovato con Pioli con cui il rapporto non è iniziato nel migliore dei modi. Le parole di Leao riportate da Sky.

«Con Pioli c’è voluto tempo, sono uno dei calciatori che è stato più tempo nel suo ufficio. Mi ha reso quello che sono oggi. Giampaolo? Non c’era alcun rapporto. Maldini mi disse che giocavo solo per il mio Instagram, Ibra mi ha spinto a dare di più».

Pioli ha trasformato il modo di giocare del portoghese

Il racconto che Leao fa del rapporto con Pioli:

«All’inizio con Pioli non eravamo in sintonia, ricordo una sua conferenza stampa che mi aveva infastidito, in cui aveva detto cose che secondo me non doveva dire, di cui doveva discutere prima davanti alla squadra. C’è voluto tempo prima che capissimo come relazionarci, lui intanto ha avuto la bravura di trovare il miglior modo per far giocare me e la squadra. Il segreto è stato trovare un modo chiaro e diretto di parlarci. Oggi abbiamo un buon rapporto e il motivo sta nel fatto che io mi fido di lui e lui si fida di me. Sono uno dei calciatori che è stato più tempo nel suo ufficio ma anche quello che ha giocato più minuti in ognuna delle ultime stagioni. Credo che le due cose siano collegate».

Con Giampaolo un rapporto mai nato:

«Nella mia carriera al Milan ho avuto due allenatori, o forse solo uno. Tra me e mister Giampaolo non c’era praticamente alcun tipo di rapporto, non ci parlavamo (…) il mister non aveva capito come inserirmi in campo e con lui avevo un rapporto freddo; saluti formali ad allenamento e nient’altro, la difficoltà a comunicare che si aggiungeva a quelle della squadra in campo. Giocavamo male, io poco».

Il contributo di Maldini e Ibra:

«Il primo approccio con Maldini non è stato dei più semplici: appena arrivato mi prese da parte e mi disse: «Tu giochi per il tuo Instagram, questa cosa deve cambiare, altrimenti continuerai sempre a fare due gol a stagione» (…) Aveva ragione e faceva bene a parlarmi in quel modo. La verità è che non so cosa sia successo, so che da un giorno all’altro è andato via e tutti noi siamo rimasti spiazzati.

La prima cosa che Ibra ha cambiato nello spogliatoio è stata ricordarci che la storia straordinaria del Milan non era merito nostro. La seconda cosa in cui mi ha aiutato non è tecnica ma mentale. Ibra è stato quel compagno di squadra che in campo cercava di farmi vedere che potevo sempre fare di più, sempre di più e di più (…) Dopo aver vinto lo scudetto, sul pullman di ritorno da Sassuolo, Ibra ha preso il microfono e ha fatto un commento su ciascun giocatore: di me ha detto che ero il presente e il futuro del Milan».

Leao tocca anche il delicato tema del razzismo

«Non credo che l’Italia sia un Paese razzista, in questa nazione sono diventato un uomo, un grande calciatore e un professionista. Ma credo che le istituzioni sportive siano ancora molto indietro, e questo accade anche in tutto il resto dell’Europa. Spostare continuamente la responsabilità sul soggetto, chiedersi: «Lui cosa ha fatto per provocare?» è il miglior assist possibile che si possa fare a un razzista. È successo a Maignan e a Moise Kean, prima ancora a Balotelli e continuerà a succedere fino a quando non sapremo cosa fare per fermarli».

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