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Geolier porta il Napoli sul red carpet di Sanremo

Il rapper di Secondigliano ha sfilato ieri con la tuta dell’Ssc Napoli. Questa sera ascolteremo il suo brano in gara al Festival.

Geolier porta il Napoli sul red carpet di Sanremo
2023 archivio Image / Spettacolo / Geolier / foto Imago/Image ONLY ITALY

Stasera comincerà il Festival di Sanremo, che si protrarrà fino a sabato 10 febbraio. A cantare saranno tutti e 30 gli artisti in gara; si divideranno in 15 e 15 nelle serate di mercoledì 7 e giovedì 8. Tra questi, c’è il rapper napoletano Geolier.

Nato e cresciuto nel quartiere Secondigliano, Geolier porterà a Sanremo un brano interamente in napoletano dal titolo “I p’ me, tu p’ te“. Nella serata di ieri c’è stato il red carpet dei 30 cantanti in gara. Il rapper si è presentato con la tuta bianca dell’Ssc Napoli. Aveva già dichiarato amore per il club azzurro. Era infatti tra gli ospiti al Maradona della serata del 4 giugno 2023, quando il Napoli festeggiò la vittoria dello scudetto.

Il Napolista ha scritto di Geolier prima che iniziasse la kermesse per Sanremo:

Venendo al napoletano di Geolier, se pensiamo ad esempio al napoletano degli Alma Megretta che ci ha accompagnato negli anni ’90 e 2000 e che ci ha fatto ballare ad Officina99 ed imparare le canzoni a memoria, (pensiamo a “Fattallà” pezzo stupendo) non era certo un napoletano eduardiano. La lingua che usava Raiz, cosi come la lingua usata dai 99 Posse e più tardi anche dai Co’ Sang, Luché, Lucariello, era forse la lingua napoletana ortodossa? Non è piuttosto un’evoluzione del napoletano classico mescolato con la lingua della strada e rivisitato attraverso il rap, l’hip hop ed il dub dei massive attack?

Il linguaggio della strada è crudo, tagliato, lo è anche l’inglese dei Wu Tang, Black Knights, Fool G Rap, the RZA rispetto all’inglese classico. In Francia i testi di rapper come IAM, Booba hanno decine di parole provenienti dalla strada (inventate, argot oppure provenienti dall’arabo o da altre lingue) che non esistono nel vocabolario di Molière e nemmeno nel lessico di Edith Piaf o Brassens. Se leggiamo i testi dei Wu Tang, solo una parte è inglese “classico”, il resto è lingua della strada, viva, tagliente, eclettica, refrattaria a qualunque regola.

 

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