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Capirossi: «Ho messo mio figlio in sella a tre anni e oggi non ama le moto. Sono contento» (Corsera)

L’ex campione di MotoGp parla della pericolosità delle moto e della tattica utilizzata per evitare che suo figlio diventasse un pilota come lui

Capirossi: «Ho messo mio figlio in sella a tre anni e oggi non ama le moto. Sono contento» (Corsera)
Lg Brno (Repubblica Ceca) 12/08/2011 - prove libere motogp / foto Luca Gambuti/Image Sport nella foto: Loris Capirossi

Loris Capirossi, anni 50 è stato intervistato oggi dal Corriere della Sera. Tre titoli mondiali, 328 Gran Premi: vive di rimpianti o di progetti?

«Rimpianti nemmeno uno perché la vita mi ha dato moltissimo. Progetti, molti. Lavorando per migliorare le condizioni di chi corre nel mondiale di motociclismo, resto in contatto con tutti i piloti. La sicurezza, non soltanto nello sport, è la cosa più importante, non si finisce mai di imparare e la tecnologia ci sta aiutando moltissimo».

Il momento di massima paura. È un ricordo ricorrente?

«Australia, anno 2005, caduto in fondo al rettilineo. Nell’impatto mi esplose un polmone. Sul momento non sembrava una situazione di estrema gravità. Con mia moglie, mio padre e un medico andammo in auto sino all’ospedale più vicino a Philip Island. Ci arrivai praticamente morto, con una autonomia vitale di un minuto e mezzo. Mi piantarono un tubo tra le costole da sveglio, senza anestesia e quel momento non lo dimenticherò mai più».

Capirossi viaggia in scooter

Viaggia in scooter per non farsi indurre in tentazioni velocistiche. L’ha detto lei ma non ci crede nessuno…

«Invece è verissimo. Scooter elettrico, perfetto per muovermi a Montecarlo dove vivo, lento e comodo. Sulle strade, in moto, avrò percorso al massimo trecento chilometri in tutta la mia vita».

I rischi, su strada, sono davvero più alti rispetto alla pista?

«Molto più alti. Milioni di pericoli inaspettati. La strada dovrebbe essere utilizzata per quello che è, piena di imprevisti. Viaggiare su due ruote è bellissimo, puoi osservare cose che in auto non vedi. Ma serve prudenza, una attenzione continua. È che il mercato offre modelli potenti come una MotoGp, roba da 320 all’ora…»

La tecnica per allontanare il figlio dalle moto

Un figlio, Riccardo, che non ama correre. Meglio così?

«Non è mai stato troppo interessato alle moto e di questo sono contentissimo. Con lui ho usato una tattica vincente, mettendolo in sella all’età di tre anni. Così, quando ha cominciato a pensare con la propria testa, ha detto: babbo, basta così. Era il mio obiettivo segreto. Ha 16 anni, pratica pugilato e sono contentissimo».

 

 

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