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Quanto tempo ci vuole perché Mazzarri faccia giocare i nuovi acquisti?

Per lui sono sempre perfetti sconosciuti. Non parliamo di Lindstrom: effettivamente c’è del marcio in Danimarca

Quanto tempo ci vuole perché Mazzarri faccia giocare i nuovi acquisti?
As Roma 23/12/2023 - campionato di calcio serie A / Roma-Napoli / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Walter Mazzarri

Quanto tempo ci vuole perché Mazzarri fa giocare i nuovi acquisti?

Appena ripresomi dall’abbiocco provocatomi dalla visione di Lazio-Napoli, e dopo aver bevuto un buon caffè-doppio, concedetemi di sfogarmi un po’.

È vero che c’è del marcio in Danimarca!

Ne abbiamo avuto conferma in queste ultime settimane dal comportamento dell’attuale allenatore del Napoli, Walter Mazzari, nei confronti del danese Jesper Lindstrom.

Jesper è un calciatore acquistato la scorsa estate dalla SSC Napoli la quale, per assicurarsi le sue prestazioni, ha dovuto sborsare una cifra ragguardevole, la più alta del suo mercato estivo.

A fronte di tale spesa, però, nessuno ha ancora avuto – e siamo a fine gennaio – la possibilità di poter valutare, sulla base di dati oggettivi, se l’acquisto di Jesper sia stato un affare o un flop.

Lasciando da parte la confusa e stralunata esperienza Garciana, è stato chiesto a Mazzarri, più volte e da più parti, di spiegare l’utilizzazione di questo calciatore, impiegato a minuti centellinati come sul bilancino di un orafo.

La risposta è stata: “Lo utilizzo poco perché non lo conosco ancora bene”.

Ora, secondo logica, l’unico modo per conoscere le qualità di un calciatore è quello di farlo giocare.

Per cui, se non lo fai giocare (o lo fai giocare poco) non lo conoscerai mai bene. E se non lo conosci bene, non lo farai mai giocare.

Insomma, siamo di fronte al classico dilemma cornuto.

E viene confermato appieno che in Danimarca c’è del marcio.

Solo Mazzarri potrà rivelarci, come e quando vorrà, se in questa faccenda del “marcio in Danimarca”, derivatogli dalle sue note letture shakespeariane, è coinvolto anche il nostro malcapitato Lindstrom (e sarebbe una delle poche ipotesi plausibili che spiegherebbe qualcosa).

Essere o non essere Jesper.

A proposito di Mazzarri, ho ascoltato la sua conferenza stampa post-partita.

Si è detto felice per il risultato e per l’impegno della squadra, “una squadra con la esse maiuscola”, l’ha definita.

Ora, se il nostro tecnico crede realmente a quello che ha dichiarato in conferenza (e non ho nessun motivo per dubitare della sua totale buona fede), siamo messi molto male.

Poiché, se è vero, come è vero, che l’impegno della squadra c’è stato e si è visto, è altrettanto vero che, nell’arco dei novanta minuti, abbiamo prodotto un solo tiro verso la porta avversaria, tra l’altro finito fuori, e nessuno nello specchio della porta.

Così come è vero che abbiamo giocato con il modulo 9-1-0 che, in fase di non possesso (cioè per quasi tutta la gara), diventava 10-0-0.

Io non conosco personalmente Mazzarri, ma qualcuno che lo conosce dovrebbe, e presto, rinfrescargli alcuni concetti:

  1. a) il Napoli non sta lottando per non retrocedere in serie B. Quindi, se per una squadra che lotta per evitare la retrocessione un punticino fuori casa può essere considerato un ottimo risultato, proprio perché le competitrici raramente guadagnano i tre punti, la stessa cosa non può valere per chi lotta per posizioni di vertice (leggi quarto posto) dove devi confrontarti con squadre molto più avvezze a vincere;
  2. b) il Napoli non si trova nella condizione di chi deve difendere una posizione già acquisita, per cui un pareggio con una diretta concorrente serve a mantenere immutato il vantaggio. Il Napoli si trova in una situazione opposta: deve cercare di guadagnare punti nei confronti delle ben cinque squadre che la precedono e la dividono dal quarto posto. Ed essendo poco realistico sperare che crollino tutte assieme, lasciandoci via libera, l’unica, forse, possibilità che abbiamo è quella di vincere gli scontri diretti.

Si, perché la vittoria negli scontri diretti non vale tre punti ma ne vale sei: tre perché la vinciamo ed altri tre che togliamo alla nostra diretta concorrente.

Se, ad esempio, avessimo osato di più contro una Lazio anch’essa rimaneggiata e tutt’altro che travolgente, con una possibile vittoria avremmo scavalcato in classifica Roma, Bologna e la stessa Lazio, ponendoci in una posizione molto più promettente rispetto a quella che occupiamo col misero punticino preso.

Il gioco vale la candela, si dice. Ma noi non abbiamo giocato (in tutti i sensi).

  1. c) un altro paragrafo non può che riguardare la gestione dei nuovi arrivati: per il nostro tecnico i nuovi acquisti sono degli sconosciuti che si presentano a Castel Volturno e chiedono di poter giocare nel Napoli. E lui, giustamente, risponde che vuole conoscerli prima di farli giocare.

Ma è possibile che in tutto lo staff del Napoli non ci sia nessuno che fornisca a Mazzarri qualche video, qualche ritaglio di giornale, insomma qualche informazione in grado di chiarire i suoi dubbi sui nuovi arrivati? E non basta che Ngonge  abbia firmato sei gol, in questa prima parte del campionato, giocando in una squadra come il Verona e che Dendoncker venga chiamato Robocop dai suoi vecchi tifosi. Ma per il nostro Quinto Fabio Massimo restano, in ogni caso, dei “perfetti sconosciuti”.

  1. d) il caso Raspadori meriterebbe un capitolo a parte. È chiaro e lampante a tutti che il ragazzo stia attraversando un momento difficile e che abbia bisogno di un po’ di riposo.

Ma farlo giocare nella posizione nella quale ha giocato contro la Lazio, mi sembra qualcosa che è una via di mezzo tra una bestemmia, una cattiveria e un inutile accanimento terapeutico.

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