Diabolik, c’è anche la camorra dietro la sua morte. Il pranzo in cui hanno deciso di ucciderlo (Repubblica)
Il Parco degli Acquedotti (dove è stato ucciso) è un territorio della camorra. Diabolik si era messo in testa di scalare la gerarchia della malavita
As Roma 01/09/2019 - campionato di calcio serie A / Lazio-Roma / foto Antonello Sammarco/Image Sport
nella foto: tifosi Lazio
Diabolik, c’è anche la camorra dietro la sua morte. Il pranzo in cui hanno deciso di ucciderlo (Repubblica). Lo racconta l’edizione romana di Repubblica. Diabolik è Fabrizio Piscitelli storico capo ultrà della Lazio, in grande ascesa negli ambienti criminali e che venne con un colpo in testa al Parco degli Acquedotti nell’estate del 2019.
Scrive Repubblica:
Al summit per l’omicidio di Diabolik ha partecipato il gotha della mala romana. Un incontro importante, cruciale. I boss che hanno preso parte a quella riunione avevano un obiettivo: decretare il futuro equilibrio criminale della Capitale d’Italia. Un nuovo ordine da raggiungere in fretta. A fronte, però, di un tributo di sangue. Un sacrificio eccellente. Il big da sacrificare per ridisegnare la geografia della malavita capitolina? Un nome rispettato e temuto. Un uomo di potere: Fabrizio Piscitelli. Il narcos che tutti a Roma conoscevano come Diabolik.
Così, attorno a un tavolo, è stata decisa la fine del boss. Il criminale più quotato della Città Eterna. A partecipare al gran consiglio della malavita, a deliberare la morte di Piscitelli, sono stati i suoi tre rivali. Nemici che non accettavano ruoli da comprimari: Alessandro Capriotti, Leandro Bennato e Giuseppe Molisso.
I tre sono stati nuovamente indagati dopo che per loro era stata chiesta l’archiviazione.
La Procura parte da una tesi.
Si deve tornare al 2019. In quella fase, già da diversi anni, l’assetto della Roma criminale è in continuo cambiamento, scompaginato di volta in volta dagli arresti della Dda della procura. I Casamonica, gli Spada, i Fasciani e ancora Massimo Carminati e Michele Senese sono in carcere. Gli arresti però non sradicano la malapianta del crimine, che figlia così nuovi capi, nuovi boss e nuovi padrini.
A intuire, in quel periodo, prima degli altri, le nuove possibilità di business e dinamiche di potere è proprio Diabolik. Fabrizio Piscitelli, narcos e capo ultrà della Lazio, è ambizioso, intelligente e spregiudicato. E così, convinto di non avere più nessuno davanti a sé, si mette in testa l’obiettivo di scalare, in solitaria, la gerarchia della malavita a Roma. Un progetto che avrebbe messo all’angolo gli altri e nuovi potenti ufficiali della mala e li avrebbe costretti a ricoprire ruoli secondari.
Ma non è finita qui. Il luogo in cui Piscitelli è stato assassinato il 7 agosto del 2019, il parco degli Acquedotti, ha un valore simbolico forte. È in un territorio su cui storicamente esercita il suo controllo la Camorra. È complicato perciò pensare che l’omicidio del più potente narcos della Capitale sia maturato senza l’assenso del vertice del braccio romano della criminalità napoletana. Che, anche se in carcere, sarebbe riuscita a far arrivare le sue importanti comunicazioni.
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