Luis Alberto: «il calcio è cambiato, gli allenatori vogliono giocatori di un metro e novanta»

Al Corsport: «Non mi piace tanto. Io non ho un muscolo e non ho un corsa bellissima. Io e Sarri siamo molto simili»

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Mg Roma 26/08/2022 - campionato di calcio serie A / Lazio-Inter / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Luis Alberto

Luis Alberto intervistato da Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport.

C’entrava per caso il rapporto con Sarri?

«Il nostro era un rapporto un po’ strano. La squadra stava giocando senza di me e, giustamente, io volevo il campo. Gli chiesi se potevo andare in prestito per sei mesi. Anche per prendermi un po’ di responsabilità, andar via mi avrebbe aiutato, avrebbe aiutato me e il Cadice».

Tu e lui sembrate molto diversi.

«E invece siamo molto simili».

Per dirla alla Luis Alberto, vi unisce una stranezza di fondo.

«Proprio per questo abbiamo vissuto momenti un po’ così. La mia testa andava da una parte, la sua da un’altra. Un allenatore deve pensare al bene del gruppo e non tutti gli allenatori, in certi momenti, sanno gestire alcuni giocatori. Ne abbiamo parlato, tranquillamente. L’anno scorso si è presentato dopo dieci giorni, senza aver visto nessuno, per la preparazione di novembre e dicembre, con il campionato fermo per il Mondiale. Io volevo il Cadice, ritrovare la migliore condizione fisica, giocare. Lui avrà notato qualcosa di diverso in me e mi ha detto “tu non vai da nessuna parte, se ti alleni bene giochi sempre”. Da gennaio in avanti è cambiata la musica e anche la mia testa».

Cosa ti sta dando Sarri?

«Si deve imparare un po’ da tutti. Anche quando stavo male con lui, parlando di calcio con gli amici spiegavo di averlo aiutato a capire qualcosa. Ma è soprattutto lui che mi ha aiutato a diventare un giocatore più forte, completo. Grazie a Sarri sono cresciuto tatticamente, nelle fasi di non possesso e difensiva. Era quello che mi mancava, oggi mi sacrifico di più senza perdere lucidità e brillantezza».

Il Mago che corre all’indietro.

«Il calcio è cambiato. Non è un calcio che mi piace tanto, però è così. Tanti allenatori vogliono giocatori di un metro e novanta con un fisico impressionante, non sono io quel genere di atleta».

Fai correre la palla, ma trovi avversari che corrono il doppio di te. Potenza atletica e velocità contro tecnica.

«Più dell’atletica conta la testa, no? Sono obbligato a giocare con la testa perché, come ti ho detto, se guardi il mio fisico non è proprio il massimo, non ho un muscolo. E non ho nemmeno una corsa bellissima. Però, come dico sempre, alla fine tutto sta nella testa e se la mia testa corre più veloce e libera non ce n’è per nessuno».

Ti consideri un giocatore antico, una sorta di ultimo dei mohicani?

«Sicuramente. Di calciatori con lo stile di gioco mio o di altri prima di me, oggi non ne vedo. Sono un amante del calcio di tecnica e se un giorno farò l’allenatore proverò a ritrovare il calcio che più mi piace».

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