A El Pais: «Se fossi al City sarei molto cauto. Inzaghi trasmette calma nei momenti di grande tensione. Non ricordo una finale che ha perso».

Diego Milito parla di Manchester City-Inter in un’intervista a El Pais. Milito è stato l’eroe dell’ultima finale di Champions League vinta dall’Inter, il 22 maggio 2010 contro il Bayern. Segnò due gol.
Che finale ti aspetti? Milito:
«Il City si impone, porta palla. Ha vinto il 95% delle partite che ha giocato. È molto difficile saltarli per pressare, sono bravi ad uscire dalla pressione in situazioni rischiose ovunque sul campo. Ma l’Inter ha giocatori di grande qualità e aspetterà l’occasione per fargli del male».
Milito confida in alcuni giocatori interisti, in particolare.
«Brozovic ha giocato una finale di Coppa del Mondo, Dzeko ha una grande esperienza e Lautaro è un punto di riferimento. E’ in un grande momento».
Milito continua:
«Penso che l’Inter abbia le armi per poter far male al City. Lo stato di favorito in una finale è relativo. Il City è sotto pressione, deve vincere per ciò che ha mostrato, perché viene dalla vittoria della Premier League e della Coppa d’Inghilterra, e per come le ha vinte. Ma l’Inter ha giocatori di esperienza e di grande qualità. Forse non entrare come favorita le si addice. Se fossi al City sarei molto cauto: le squadre italiane danno il massimo in queste situazioni. L’Inter è un club vincente. Un club con una tradizione di saper giocare le finali».
Che virtù ha Inzaghi? Milito:
«Trasmette calma nei momenti di grande tensione e questo è fondamentale. Quella temperanza, quella sicurezza, quella tranquillità, per i giocatori è molto importante. Soprattutto nelle finali. Non ricordo una finale persa da Simone Inzaghi: è bravissimo nelle coppe».
Su Haaland:
«Sono stupito dalla sua mentalità all’età di 22 anni. Al di là delle condizioni tecniche. È molto difficile vedere giocatori come Haaland, o Julian, così giovani e con una tale fame di gol, così desiderosi di progredire. Lo trasmettono sempre in ogni gesto. Lo mostrano quando non hanno la palla».
Come è cambiato il ruolo del centravanti dal 2010?
«Non so se sia cambiato così tanto. Forse l’attaccante leggermente statico ha dovuto mutare. I nove grandi e statici non si vedono molto oggi. E sono importanti. Hai sempre bisogno di avere uno di questi giocatori in una squadra, perché ci sono momenti, nelle partite ravvicinate, in cui non puoi entrare, che quando metti una palla diretta possono risolverti. Ma il prototipo è Haaland. Lukaku e Dzeko fanno cose simili: si buttano dietro, giocano per la squadra, si scaricano… Non stanno solo ad aspettare la mossa e il momento. Vogliono venire a toccare la palla».