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Quando gli ultras dell’Udinese se ne stettero buoni a godersi lo scudetto juventino

L’aggressione di ieri sera a Udine ai tifosi del Napoli dovrebbe aprire una finestra su cosa nasconde l’odio verso Napoli e i napoletani

Quando gli ultras dell’Udinese se ne stettero buoni a godersi lo scudetto juventino
Db Udine 04/05/2023 - campionato di calcio serie A / Udinese-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: scontri tifosi Udinese-Napoli

La partita che consegna lo scudetto al Napoli è una partita in cui l’Udinese passa in vantaggio sfruttando il solito errore di lettura, di posizionamento e di scarsa reattività che la difesa (da intendersi come organizzazione difensiva) del Napoli quest’anno ha mostrato, vera lacuna tecnico/tattica che – insieme a quella mostrata nelle ripartenze subite a campo aperto (in sostanza: se la pressione alta non va a buon fine e gli avversari ripartono, in quel frangente di gioco il Napoli non è squadra di prim’ordine a difendersi) – ha caratterizzato l’intera stagione partenopea e che è costata anche l’accesso alle semifinali di Champions League.

C’è un giro palla innocuo nella tre quarti azzurra, la palla arriva all’esterno sinistro dell’Udinese che immediatamente la passa a Lovric (l’autore del gol), il quale si trova già dentro l’area azzurra.

E si trova lì indisturbato sia perché Lobotka, Anguissa ed Elmas si trovano colpevolmente in ritardo nella chiusura di quello spazio ed inspiegabilmente davanti (e non dietro) alla linea del pallone, sia perché Rrahmani, che nel frattempo ha inspiegabilmente rotto la linea difensiva azzurra per uscire dai blocchi ed andare ad aggredire direttamente lui il portatore di palla avversario (a quel punto già innocuo per avere già scaricato il pallone sul compagno largo a sinistra).

Questo quadruplo errore di impostazione difensiva si concretizza con un ulteriore errore che il kosovaro quest’anno ha compiuto più volte e su cui quindi bisognerà lavorare non poco: Lovric, infatti, appena ricevuta la palla, fa a tempo a girarsi, a mirare l’angolo ed a far partire il tiro perché lo stesso Rrahmani, invece di catapultarsi a contrastare l’avversario andandogli velocemente incontro per chiudere lo specchio della porta e la traiettoria di tiro, fa una scelta a metà (tra quella posizionale e quella di istantanea aggressione dello spazio intorno all’avversario) e lascia quindi partire un tiro che, quando parte da quella distanza, difficilmente non produce il gol.

Il gol del pareggio nasce da un’azione da calcio d’angolo (a dimostrazione della pericolosità del Napoli durante queste fasi di gioco): c’è il solito cross battuto forte e con traiettoria a rientrare, dopo un colpo di testa in mischia la palla si impenna e scende proprio sul piede di Anguissa (ieri per chi scrive il migliore in campo), il quale lo “addormenta” con uno stop da scuola calcio che effettua spalle alla porta per poi subito girarsi e ricalciare il pallone rasoterra nella mischia dell’area di rigore.

La palla attraversa l’area di rigore avversaria ed arriva a Kvaratskhelia, che di prima calcia in porta: il tiro viene deviato proprio sui piedi di Osimhen, il quale, sempre di prima, è bravissimo a calciare la palla proprio nell’unico spicchio della porta lasciato libero dal portiere e dai difensori avversari che vi si erano raggruppati per opporre la massima densità alla conclusione a rete.

Questo è.

Ci sarebbero da dire tantissime e bellissime altre cose, ma ho ancora negli occhi l’infame aggressione che gli ultras dell’Udinese (quegli stessi che, per intenderci, quando nel 2002 la Juventus vinse lo scudetto sul loro campo se ne stettero buoni buoni in tribuna a godersi il tripudio juventino) hanno riservato alle famiglie di tifosi del Napoli, chiara ed ennesima dimostrazione – diciamocelo finalmente in modo forte e chiaro – di come l’odio verso Napoli ed i napoletani nasconda un odio verso quella povertà e quell’emarginazione (oggi pure tanto in voga anche in Italia) che l’immaginario collettivo del nord del paese, il quale ha storicamente avuto a che fare con il sottoproletariato napoletano ivi emigrato per bisogno di lavoro e reddito (con tutte le conseguenze narrative del caso), ha ormai introiettato legandolo per sempre, appunto, a Napoli ed i napoletani (come loro simboli del peggio).

Vivo a Milano da 40 anni, so di cosa parlo.

Questa è la vera questione da affrontare, di altro non mi sento di dover parlare.

Ed anzi, fino a che non se ne parlerà in modo serio, io sequenzialmente mi asterrò dal parlare di cose di calcio, perché ieri sera si è passato il segno.

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