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“Vive solo, non ride mai, non risponde alle domande cretine”. Sembra Spalletti, era Ottavio Bianchi

C’è molto di Bianchi in Spalletti. C’è l’etica del lavoro, l’apologia del collettivo. Disse Ottavio nell’87: «A luglio i colleghi davano il Napoli al quinto posto»

“Vive solo, non ride mai, non risponde alle domande cretine”. Sembra Spalletti, era Ottavio Bianchi
1986 archivio Storico Image Sport / Napoli / Ottavio Bianchi / foto Aic/Image ONLY ITALY

“Vive solo, ha preferito far rimanere la sua famiglia altrove […] in generale si tiene lontano dalla città […] parla spesso di attacchi che vengono fatti alla sua squadra e ai suoi giocatori, li difende sempre e comunque, ha fatto sì che ognuno di loro si potesse fidare dell’altro.”

“Da qualche parte ho un ritaglio di giornale dell’agosto scorso, con le previsioni dei quindici tecnici di serie A, quindici perché io non avevo voluto rispondere, come al solito, sulle percentuali-scudetto: il Napoli era al quinto posto. I miei colleghi avevano ragione a metterci in quella posizione, di più in teoria noi non valevamo o meglio c’ erano squadre più forti di noi sulla carta.”

“Lo chiamano lo scorbutico, l’uomo che non ride mai”.

Sembrano tutte frasi attuali, frasi che abbiamo ascoltato in settimana, riferite a Luciano Spalletti. Invece sono virgolettati tratti da un articolo di Emanuela Audisio del 24 febbraio 1987 (il primo), da un’intervista di Gianni Mura del 12 maggio 1987 (il secondo) e dall’autobiografia di Ottavio Bianchi (il terzo).

Già, per chi ha un po’ di memoria è impossibile non accostare le critiche che vengono fatte in questi giorni a Spalletti con quelle che accompagnarono l’avventura (vincente) di Ottavio Bianchi sulla panchina azzurra.

Non rideva Bianchi, preferiva lavorare. Non gli piaceva nemmeno rispondere alle domande sulla città, sempre intrise di luoghi comuni. Spesso vi si sottraeva e mandava a quel paese i giornalisti. Venne molto criticato per questo, anche se Sandro Ciotti ebbe a dire “Che si neghi alle domande cretine è un suo sacrosanto diritto”. E a chi gli chiedeva dei futuri traguardi rispondeva “Non amo sognare, lavoro e basta. Guardo alle cose concrete cercando di dare sempre il massimo. La dignità non nasce dagli scudetti, ma dal lavoro ben fatto” (Tratto sempre dall’autobiografia “Sopra il Vulcano).

C’è molto di Bianchi in Spalletti. C’è l’etica del lavoro, l’apologia del collettivo, il mettere la squadra davanti ai singoli (anche se rispetto a Bianchi gli viene più facile, non avendo un genio ingombrante com’era Maradona), c’è il rifiuto per gli stereotipi che vorrebbero una città piena di pazzarielli pronti ad andare in giro strombazzando i clacson ad ogni vittoria, invece che una società di professionisti che sta perseguendo i propri obiettivi con serietà, costanza e abnegazione.

C’è tanta sapienza, tanta conoscenza, tanta esperienza vissuta in campo non da fuoriclasse, anche se la carriera del bergamasco con gli scarpini al piede è stata senz’altro più illustre. E poi tanto studio e un carattere difficile, in maniera diversa, quello di entrambi: più polemico ed emotivo Spalletti, più chiuso e freddo Bianchi.

Di Spalletti recentemente Cassano, che lo ha avuto come allenatore, ha detto che passa 8 ore al campo, 8 ore a pensare alla squadra e 8 ore a dormire: tre per otto fa ventiquattro. Tenendo presente le parole dell’ex fantasista barese si capisce forse meglio perché ogni tanto sbotti contro chi lo vuole sorridente, chi continua a chiedergli di Totti e Icardi, chi per tutta la prima parte del campionato in corso non ha smesso di domandare di eventuali rimorsi per il terzo posto dell’anno scorso. Spalletti è giustamente concentrato sul presente, sul qui ed ora, sulla prossima partita e, prima ancora, sul lavoro che c’è da fare in settimana. Lo dice di continuo e non è scaramanzia, la sua, né falsa modestia. Il Napoli sta facendo una stagione strepitosa, fuori da ogni previsione, ma non sta accadendo per caso. Non è un gratta e vinci, non c’entra la fortuna e non c’entrano i problemi delle altre squadre.

Spalletti ha preso una squadra logora, senza motivazioni, che aveva fallito l’approdo in Champions League per due anni di seguito e l’ha ricostruita pezzo per pezzo. Emotivamente, innanzitutto. E poi con la giusta collocazione degli uomini negli schemi, con le rotazioni, con il ragionare da squadra dell’anno 2023, quando le partite si succedono a ritmi forsennati, le sostituzioni sono diventate 5, quando le gerarchie ci sono, ma non sono totem ai quali sacrificare il bene collettivo. Così facendo ha raggiunto il terzo posto in scioltezza l’anno scorso, dopo essere stata a lungo in corsa per lo Scudetto e così facendo, dopo aver avuto dalla società una rosa profondamente rinnovata, sta compiendo un’impresa clamorosa quest’anno, in Italia dove la seconda in classifica deve sperare ogni volta di non perdere per restare “solo” a quindici punti di distacco e in Europa dove il Napoli sta dando spettacolo e rifilando gragnuole di gol a squadre con bacheche ben più prestigiose della nostra. Ci sono continuità e coerenza nel lavoro di Spalletti da quando è arrivato. Gli andrebbe riconosciuto e non sempre avviene.

Bianchi nel suo libro dice di aver imparato a Napoli alcuni modi di dire che poi ha utilizzato per tutta la vita, uno di questi è “San Genna’, futtetenne” (San Gennaro, non dargli importanza). La frase, per chi non lo sapesse, comparve un po’ dovunque a Napoli negli anni ’60, quando, con la riforma liturgica, la Chiesa “degradò” la memoria di San Gennaro da obbligatoria a facoltativa. Sommessamente e con tutta la comprensione di questo mondo, suggeriamo a Spalletti di seguire anche in questo le orme di Ottavio Bianchi, di scrivere questa frase sul suo taccuino e di rileggerla mentalmente ogni volta che qualcuno in TV e sui giornali tirerà fuori storie vecchie, stantie e travisate. Il suo Napoli sta scrivendo una pagina della storia del club che rimarrà per sempre e quando gli sembrerà che il suo lavoro non venga abbastanza valorizzato si vada a leggere quello che in questi giorni scrivono di lui e della sua squadra i giornali tedeschi. In alternativa, può guardare la classifica: quella non mente.

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