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Il Guardian ricorda quando Guardiola giustificava il razzismo contro Roberto Carlos

“Vinícius viene sacrificato, braccato e perseguitato in nome dello sport. Se il calcio non può proteggere uno ricco e forte come lui, che possibilità ha di riuscirci con chiunque altro?”

Il Guardian ricorda quando Guardiola giustificava il razzismo contro Roberto Carlos
Parigi (Francia) 28/05/2022 - finale Champions League / Liverpool-Real Madrid / foto Imago/Image Sport nella foto: esultanza gol Vinicius Junior

Se il calcio non può proteggere dal razzismo Vinícius, uno potente e ricco e forte come Vinícius, che possibilità ha di riuscirci con chiunque altro? Se lo chiede in chiusura del suo editoriale sul Guardian Jonathan Liew. Perché il razzismo ormai endemico che deve affrontare l’attaccante del Real ogni volta che scende in campo, scrive il Guardian, non è una questione solo spagnola. Ci riguarda tutti.

Liew, peraltro, ricorda di quando – era il 1997 – fu Roberto Carlos a finire vittima di abusi razzisti mentre giocava il suo primo Clasico con il Real Madrid. E ricorda le reazioni dell’epoca: niente, zero, nisba.

Pep Guardiola, che all’epoca era il pilastro del centrocampo blaugrana e nazionale spagnolo, ma non ancora l’affettato guru di tutti gli allenatori del globo terracqueo, disse: “Questo ragazzo parla molto, parla troppo, non conosce i nostri tifosi e non è stato qui abbastanza a lungo per giustificare queste cose“. Scimmia, e ignorante.

“Sarebbe bello – scrive Liew – immaginare di aver fatto dei progressi nell’ultimo quarto di secolo”, ma no. Quando mai. E il caso Vinícius lo dimostra.

Questa è una storia, scrive Liew, che “va avanti da più di un anno, un macabro guanto di alterità e disumanizzazione che sembra aver assunto un’orribile qualità performativa. In qualche modo, più a lungo continua, più diventa routine, più diventa sempre meno scioccante. Senti che il cuore di Carlo Ancelotti si spezza un po’ di più ogni volta che deve parlarne. E così la maggior parte dei fine settimana Vinícius si limita a sospirare, allacciarsi gli stivali e prepararsi per quello che verrà dopo”.

“Uno dei più grandi calciatori del mondo viene essenzialmente sacrificato su base settimanale, braccato e perseguitato per in nome dello sport”.

E che si fa? Niente. “Dove sono le decurtazioni di punti – si chiede Liew – le interdizioni negli stadi, le multe da spaccare le ossa? Dove sono Uefa e Fifa, che sono abbastanza felici di sfruttare il talento di Vinícius per promuovere le proprie competizioni ma non hanno avuto nulla da dire al riguardo?”.

Assistiamo invece alle “solite dichiarazioni beige, i soliti scaricabarili, i soliti equivoci”. Con l’aggravante che “per gran parte della società spagnola, questa rimane una mentalità curiosamente prevalente: l’abuso razzista è in qualche modo mitigato dal suo contesto sportivo o è solo una forma particolarmente scortese di fischi”.

Quello di Vinícius è, “per molti versi, un esempio da manuale di come le vittime del razzismo siano spesso maltrattate e poi costrette ad accettare la complicità dei propri abusi”.

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