Romagnoli invoca la “mercy rule” come nel baseball: “Dobbiamo passare una settimana a dire che Lukaku è tornato e un’altra a dire che non era lui?”
“Una modesta proposta: finiamola qui. Scudetto al Napoli, classifica cristallizzata e tutti in vacanza“. Gabriele Romagnoli invoca dalla prima pagina di Repubblica la “mercy rule o regola della misericordia”, come nel baseball e “per lo più nella pratica americana”: “Se a un punto avanzato del confronto il vantaggio di un contendente è tale da essere giudicato irrecuperabile (ad esempio dieci punti nel settimo inning su nove) si proclama la fine anticipata”.
In Italia, sottolinea l’editorialista di Repubblica, la chiameremmo “manifesta superiorità“, “ma oggi questa terminologia è sconsigliata perché potrebbe essere ritenuta feroce, allusiva, scorretta”.
“Il Napoli, allora?”, si chiede Romagnoli. “Prendetevela con Spalletti. Con un georgiano, un nigeriano, uno slovacco, un coreano che sono stati come un poker servito. Che senso avrebbe cambiare la quinta carta? Ci sono ancora molte cose da vedere, certo. Dobbiamo passare una settimana a dire che Lukaku è tornato e un’altra a dire che non era lui, ma uno che gli somigliava. Dobbiamo decifrare i silenzi e le smorfie di Mourinho, ma visto che “parlerà a fine stagione” potremmo cavarcela più in fretta. Ah, poi c’è anche F-Ibrahimovic che non si arrende mai. Siamo per l’accanimento terapeutico o per la “dolce fine”.
“La regola, misericordiosa o no che la si consideri, per cui a +20 non ce n’è più per nessuno sarebbe un altro tipo di obiettivo, un esito a cui mirare, formidabile e ineguagliato probabilmente per decenni. Che sia merito della capolista o demerito di tutte le altre. Perdere la sfida diretta incassando 5 gol è un ko, non ci si aggira più barcollando per il ring. Però lo spettacolo deve continuare. Sì, ma lo è? O da metà del secondo tempo si proiettano titoli di coda? Ovvio che continuerà, che non può essere che così. Perché, in fondo, è giusto? O solo perché abbiamo rinunciato a una visione dello sport più eroica, più drammatica, più simile alla vita che alla sua rappresentazione?”.