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La lezione di Djokovic: è attraverso la fatica che i sogni si realizzano

Bambino in una Belgrado martoriata dalla guerra, è diventato tennista senza federazioni o sponsor che potessero aiutarlo

La lezione di Djokovic: è attraverso la fatica che i sogni si realizzano
Serbia's Novak Djokovic celebrates his victory against Greece's Stefanos Tsitsipas during the men's singles final on day fourteen of the Australian Open tennis tournament in Melbourne on January 29, 2023. (Photo by ANTHONY WALLACE / AFP)
“I campioni non si costruiscono in palestra. Si plasmano dall’interno, partendo da qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono avere resistenza fino all’ultimo minuto, devono essere un po’ più veloci, devono avere l’abilità e la volontà. Ma la volontà deve essere più forte dell’abilità.” Vengono buone da citare le parole di Muhammad Alì per raccontare l’epopea di Novak Djokovic. Non a caso, poche ora fa, nel discorso di premiazione per il decimo Australian Open (e 22°Slam in bacheca) vinto, il serbo si è augurato di essere un’ispirazione per i bimbi, affinché lottino nel credere nei loro sogni, per quanto difficili adesso possano sembrare.
Bambino in una Belgrado martoriata dalla guerra, è diventato tennista senza federazioni o sponsor che potessero aiutarlo e senza essere dotato di particolare talento (se con questa parola si intende la capacità di attrarre l’attenzione con colpi eleganti e spettacolari). Può non essere simpatico, può avere sbagliato posizioni politiche e non, ma non si può non riconoscergli una straordinaria forza di volontà che lo ha portato, da dove è partito, a essere il tennista con i migliori numeri della storia del tennis. Lo ha fatto superando operazioni delicate (nei primi mesi del 2018 non c’era più nessuno a dargli credito) e avendo lo scorso anno – pur di portare avanti le proprie idee- sia il coraggio di rinunciare a soldi e gloria che la forza mentale di reagire all’essere additato come “pericoloso” dai media mondiali.
Gianni Clerici, nel maggio 2011, prima che divenisse numero 1, lo descriveva così: “… Il gioco del nuovo campione si basa su una condizione tecnica straordinaria, anche per la capacità di assorbire e metabolizzare la fatica. Grazie allo straordinario perno delle gambe, Nole è in grado di colpire splendidamente palle per altri quasi perdute all’esterno delle righe laterali, e trasformarle in parabole rientranti di geniale geometricità.” Nei successivi 11 anni col duro lavoro e tanti sacrifici, Djokovic ha aggiunto tanto altro al suo bagaglio tecnico, che ora è vastissimo.
Così tanto da rendere oggi quasi normale lo straordinario: essere numeri 1 al mondo a 35 anni e 8 mesi, conquistare uno Slam perdendo solo un set e vincere 38 delle ultime 40 partite giocate (e tutte e 11 quelle contro colleghi nella top ten).
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