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«In tutti gli autogrill Vialli consumava, comprava e scappava, lasciandomi il conto da pagare»

Il primo massaggiatore del Vialli juventino, Valerio Remino, a Tuttosport: «Lo accogliemmo con scetticismo pensavamo venisse a svernare, non era così».

«In tutti gli autogrill Vialli consumava, comprava e scappava, lasciandomi il conto da pagare»
Roma 22/05/1996 - finale Champions League / Ajax-Juventus / foto Imago/Image Sport nella foto: Gianluca Vialli ONLY ITALY

Tuttosport intervista il primo massaggiatore di Gianluca Vialli alla Juventus, Valerio Remino. Curò i muscoli di Vialli per i suoi primi due anni juventini, aiutandolo a inserirsi nel mondo bianconero e a superare le difficoltà fisiche che lo avevano frenato sino all’arrivo di Lippi.

«Prima del suo arrivo ho partecipato ad un corso con tutti gli addetti ai lavori della Serie A. Ricordo che i medici e i massaggiatori della Samp di quel tempo mi dissero che dovevo farmi aumentare lo stipendio da Boniperti perché seguire Gianluca non era facile visto che era un perfezionista. Però non mi avevano detto quanto e come scherzasse…».

Partiamo, allora. Cosa le combinava Vialli? Remino racconta:

«Di tutto. Quando partivamo o tornavamo da una trasferta in bus, ché allora mica avevano tutte le comodità di adesso, ci fermavamo all’autogrill per andare in bagno, prendere un caffè, mangiare qualcosa. La stranezza arrivava quando risalivamo. I responsabili dell’autogrill chiedevano a gran voce, con tutti noi già seduti, chi fosse il massaggiatore. E già capivo. Dovevo scendere e pagare il conto di Vialli perché lui alla cassa diceva che avrebbe pagato il massaggiatore della Juve. Un’abitudine. E rideva…».

Sì però poi i soldi glieli dava, no?

«Non sempre. Ma la spesa era minima».

E poi?

«Finiti gli allenamenti Vialli si fermava per lavorare ancora. E io dovevo aspettare. E stava delle ore a prepararsi, lo faceva apposta, mi guardava e rideva. Ora vengo, ora vengo. E non veniva mai».

Remino continua.

«Quando partivamo, Vialli arrivava sempre in ritardo, si faceva aspettare. E quando tornavamo era l’ultimo a salire sul pullman. Visto che lo ha fatto anche negli ultimi Europei, credo fosse una forma scaramantica. Ma a quei tempi io non lo sapevo e dovevo andarlo a cercare. E lui a dirmi: che vuoi?».

Altre cose da tramandare?

«Senta questa, che la dice tutta sul carattere di Vialli. 5 settembre 1993: durante la partita Roma-Juventus appoggiando male a terra il piede sinistro per calciare con il destro avvertì un crac osseo. Non fece gol ma da terra
richiamò l’attenzione dei compagni cercando soccorso. E a gran voce urlò loro di chiamare subito “Remi”. L’arbitro Beschin subito domandò chi fosse questo “Remi” e Antonio Conte gli disse che era il massaggiatore. Entrai in campo e Gianluca mi disse che si era rotto il quinto metatarso. Gli risposi con una domanda: “sei calciatore o radiologo?”. Lui replicò che per alcuni mesi avrebbe fatto l’infortunato in barca a vela al largo di Portofino. Lo portai sulle spalle fuori dal terreno di gioco. Durante il trasporto mi sussurrò nell’orecchio: Remi non scivola-re, altrimenti oltre a me e Baggio che abbiamo sbagliato un rigore a testa anche tu farai una figura di merda davanti a 65 mila spettatori. Anche in momenti difficili scherzava e mi prendeva in mezzo. A proposito: si era proprio fratturato il metatarso».

Come fu accolto Vialli alla Juventus?

«All’inizio con molto scetticismo, soprattutto da parte di noi della vecchia guardia. Pensavamo venisse a svernare. Non è stato così».

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