«Messi è un finto buono, spero vi sia chiaro» (Aldo Cazzullo)
Sul Corsera sull'esultanza antisportiva degli argentini: «I calciatori ai giornalisti hanno cantato “puto periodista y la puta que lo parió”»

Argentina's forward #10 Lionel Messi celebrates after scoring his team's third goal during the Qatar 2022 World Cup final football match between Argentina and France at Lusail Stadium in Lusail, north of Doha on December 18, 2022. (Photo by Jewel SAMAD / AFP)
«Messi è un finto buono». Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, risponde ad alcune lettere sull’esultanza della Nazionale argentina e sul loro comportamento giudicato antisportivo. Ecco cosa scrive Cazzullo nella rubrica sul Corriere della Sera.
L’esultanza eccessiva e a volte volgare è stata uno dei tratti di questo Mondiale. Il Dibu Martinez ha sostenuto di aver rivolto quel gesto ai suoi critici; ma l’aveva già fatto in passato. Rodrigo De Paul ha invitato chi aveva scritto male di lui a praticargli un rapporto orale; ma se perdi con l’Arabia Saudita, è difficile che i giornali scrivano bene di te. Gli inviati argentini, più qualche straniero, hanno atteso per tre ore i campioni del mondo fuori dagli spogliatoi. Quando sono arrivati, in testa Messi con la Coppa, non hanno parlato, ma cantato un coro degli Hinchas, gli ultras, che dice «puto periodista y la puta que lo parió», insomma giornalisti figli di buona donna. I colleghi non si sono offesi; in Argentina è un’espressione più scherzosa che ingiuriosa; e poi si sentivano campioni del mondo anche loro. Però Messi — che, spero vi sia chiaro, è un finto buono — deve tenere conto che in zona mista non ci sono Borges e Soriano, e neppure i direttori del Clarín e della Nación; ci sono veterani dei Mondiali e giovani free-lance, molti con la sua maglietta numero 10, che avevano attraversato l’oceano per raccontare le sue gesta. Qualche parola non banale poteva pure dirla. Di solito si confidava con il suo biografo, Guillem Balagué; infatti tutti ci appostavamo accanto a lui, sapendo che si sarebbe fermato. Mbappé non faceva neppure quello.
Professione Reporter, la newsletter molto informata di Andrea Garibaldi, ha ripubblicato un articolo scritto da Mario Sconcerti due anni fa sulla Lettura. Il grande giornalista, scomparso alla vigilia della finale che sarebbe stata la più bella anche della sua vita (Italia-Germania 4-3 e Italia-Brasile 3-2 non furono finali), raccontava della consuetudine che c’era e non c’è più tra giornalisti e calciatore; in particolare di un viaggio con Burgnich su una macchina cui bisognava aggiungere l’acqua nel radiatore a ogni autogrill, e Burgnich che aveva marcato Pelé si prestava volentieri, Sconcerti lo ricorda con l’annaffiatoio in mano (ora non c’è più nessuno dei due). Erano ragazzi normali, che guadagnavano bene ed erano grati che ci fossero persone interessate a loro. Ve lo immaginate Burgnich che fa in mondovisione un gesto come quello del portiere dell’Argentina?